Piazzato di traverso all’ottica musicale corrente, Ultimo Attuale Corpo Sonoro è un progetto di approccio alternativo tra musica sperimentale e verso italiano, dai toni non omologati nel vocabolario enfatico della memoria. Sonorità che per lucido realismo possono essere accostate all'indipendente di Godspeed You! Black Emperor e Jason Molina, o ancora ai CSI di Giovanni Lindo Ferretti per la lama stilistica inquieta e magniloquente che anima la ricercatezza delle parole più argute, cioè l’anatema dissonante di trattare ogni canzone come un’occasione sacra per riconoscere la vita. Rimandi a versi che hanno ancora bisogno di fare della rabbia un netto e decisivo richiamo all’ascolto recuperando dal fondo della storia una sentimentalità pensata per spezzare le iniquità dei comportamenti umani. E qui che la morale è sentita come l’occasione di un possibile aggiustamento della sorte, una contromossa critica giocata alla patria per costruire un discorso collettivo di protesta sociale e denuncia politica. La liricità di Gianmarco Mercati non manca di mostrare coraggio e personalità facendosi testimone di un modo di intendere la musica attraverso i margini della società cosiddetta civile. La scrittura è innescata su una licenza poetica di “intransigenza violenta” che sin dagli esordi di “Nueva York: Strade e Sogni” è pensata con particolare riferimento alla poesia di F.G. Lorca, ma anche Pier Paolo Pasolini, Nazim Hikmet e Arthur Rimbaud, tre figure di intellettuali esuli che nel successivo “Memorie e Violenze di Sant’Isabella” diventano lo scudo sovversivo e scandaloso di un degrado devastante. La voce di una ribellione che si fa esperienza, bellezza, libertà non appena la violenza delle idee prende ad assumere la portata etica del proscenio degli eroi. Una determinazione questa per la responsabilità individuale che ha ispirato la band di Verona anche nella scelta del nome, ossequiando Jack Kerouac. Ancora una volta il sacrificio del sangue gira svelto sulla scala dei valori, riflette il lato più dilatato del rock e lascia decantare, in un vortice di chitarre laceranti e sfrontate, la resistenza della parola di contro all’assenza democratica del paese. Straordinariamente agile nell’inglobare consapevolezza, orgoglio e irruenza “Io Ricordo Con Rabbia” serve principalmente a denunciare lo spettacolo reale delle condizioni, a inquadrare i veri interrogativi rimasti in sospeso per poi rendere manifesti significati ed eventi precedentemente rimossi. La storia non è una buona borghese, può seminare rancore e falsità ed è per tale ragione che va trattata con provocazione anche a costo di ferire. Così la ritmica diventa volontà di azione, vita violenta, lirica dilaniata da strofe contundenti, un totale strumentale distorto da accrescimenti lo-fi, eccitamenti oscuri e arrangiamenti incalzanti. Conosce episodi mortali, concepisce angosce nazionali, parla le vicende del treno Italicus, i trent’anni di Ustica e Bologna e la strage del Rapido 904. Trova protezione nelle titubanze di Fernando Pessoa, Henry Miller, David Grossman, suona l’estetica di Marc Augè e, incarnando uno stato cesareo di amore e guerra, finisce con l’illustrare la morale di un uomo solo, non propriamente a causa dei suoi scontri ma per natura: orfano condannato a non essere magnificamente che un uomo. Ecco allora che senza riscatti né indulgenze ci troviamo di fronte ad un agglomerato di canzoni che spaziano tra cantautorato rock e regola oratoria fredda e tagliente, componimenti dalla tenacia perseverante fatta soltanto di intimità con la propria memoria. Musica da ascolto scevra di temporalità non appena solleva le annotazioni dei taccuini all’umana finitezza degli stati d’animo attraverso parole dissonanti e domande sgraziate che fanno risuonare il tempo storico come l’eterno ammonimento di una coscienza collettiva. Risultato sussurrato e trascritto come Ultimo Attuale Corpo Sonoro.
Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Io ricordo con rabbia" (2011, Manzanilla MusicaDischi)
Recensione Fuori dal Mucchio
Recensione Rumore
Recensione L'isola che non c'era
Recensione Blow Up
Recensione Mescalina
Recensione EXTRA Music Magazine
Recensione Arena (live)
Recensione Panopticon
Recensione Il Cibicida
Recensione 404
Recensione Il Fatto Quotidiano
Recensione SentireAscoltare
Recensione Alias Il Manifesto
Recensione MusicMap
Recensione Kalporz
Recensione Shiver Webzine
Recensione Lost Highways
Recensione Radio Bombay
Recensione Codici Culturali
Recensione Shake
Intervista Enquire
Recensione Sounds Blog
Recensione Onda Alternativa
Recensione Il Banco
Recensione Il Venerdì di Repubblica
Tra i migliori dischi 2011 per Mescalina
Le classifiche 2011 di Mescalina.it
Editoriale 2011
06/02/2012 | di Gianni Zuretti e Ambrosia J. S. Imbornone
Editoriale 2011
di Gianni Zuretti
Come ogni anno ci si interroga sul senso delle classifiche e come sempre si cercano risposte che riescano a coniugare il nostro desiderio di astenerci dal farle, magari per sostituire una fredda e discutibile graduatoria con una più semplice e diretta segnalazione delle cose dell’anno che sarebbe opportuno non perdere o comunque ascoltare, dicevamo della necessità di coniugare questa posizione, sempre più incombente, con il piacere da parte degli artisti di vedersi citati (salvo arrabbiarsi per non esserlo stati) ma anche con la curiosità del pubblico nel verificare se la top list personale è stata in larga parte condivisa con la critica oppure se presenta discordanze o evidenzia carenze da colmare. Non avendo risposta al quesito eccoci a presentare questi risultati globali con un ordine che rispecchia rigorosamente il voto della redazione e dei collaboratori e comunque limitato a cinque preferenze nell’ambito di ogni sezione.
Dalla classifica emergono da un lato affermazioni abbastanza scontate come The Decemberists, che hanno sbaragliato il campo nella sezione Americana e così pure Wilco che sono secondi per una corta incollatura, ma anche citazioni forse inaspettate come la netta affermazione di P.J. Harvey nel rock Internazionale e di Giorgio Canali & Rossofuoco tra gli Italiani. Sorprendente il secondo posto degli splendidi A Toys Orchestra, una band italianissima che potrebbe tranquillamente ben figurare nell’internazionale. Da segnalare in ambito World Folk il consenso ottenuto dalle donne, analizzato da Ambrosia nel suo “editoriale rosa”, ma anche il sorprendente africano Tuareg Bombino, e gli eleganti e colti Rapsodija Trio di Maurizio Dehò. Nella sezione Jazz Blues Black era difficile non ipotizzare il successo del duo delle meraviglie Clapton-Marsalis, con un patinato ma efficace live blues molto mainstream, doveroso anche segnalare anche Matt Schofield, che è avviato ad avere un ruolo tra i giovani chitarristi bianchi e l’inossidabile Fabrizio Poggi con il suo splendido film live in Texas. Tra gli Emergenti i collaboratori hanno premiato il muro del suono, la rabbia e l’impegno dei Ultimo Attuale Corpo Sonoro, ma anche le donne Carlot-ta e Iotatola (leggete Ambrosia) e Mojo Filter, per il loro apprezzabile mood, incrocio tra Rolling Stones, Creedence e la musica dei ’70. Due parole infine per la nuova sezione Derive, è stata la scommessa vinta da Mescalina, ha ottenuto un alto gradimento tra i lettori per un genere (avanguardia, elettronica, che ci conforta e invita il nostro trio d’attacco (Rossi, Ronchetti, Galasi) ad insistere per crescere ulteriormente. Le loro scelte hanno sentenziato che il meglio è stato espresso dai dischi di: Islak Kopek & Alban Lotz, Colin Stetson e Wilhelm Mathhies. Al prossimo anno, probabilmente con gli stessi dubbi, magari anche no... (data: 13.02.12)
C'è ancora bisogno di un gruppo che riporta ai modi dei Massimo Volume? Narrazioni teatrali su basi musicali? Al terzo lavoro della band di Gianmarco Mercati, la risposta è sì. Qui, tutto si fa post rock, e poesia e letteratura (Kerouac, Pessoa, Miller) s'incontrano (data: 13.02.12)
Io ricordo con rabbia
Posted by sarracinogiovanni on lun 02 gennaio 2012, 16:55 UTC in Cose serie, Filosofia, Musica, Politica | 0 comments | 176 views
Quattro parole. Quattro parole pesanti come macigni. Quattro parole potenti e rivoluzionarie. Quattro parole per dire tutto. Quattro parole per essere tutto. Pronome, verbo, preposizione, sostantivo: quattro forme grammaticali legate fino alla morte in un potente impeto di costruttiva affermazione. Quattro semplici parole che meglio di mille altre riassumono il duplice scopo di questo disco: riportare al cuore, farlo con indignazione, sfrontatezza, violenza verbale e fisica, e dal prorompente fluire dell’inarrestabile passione – dal pugno che si chiude, dalle nocche sbiancate, dalle unghie che penetrano la carne, dal violento tremore, dal petto che si gonfia ansimando, dalle tempie che scoppiano, dalle vene gonfie sul collo madido di sudore, dalla tensione epica che cristallizza ogni muscolo e pensiero nella lotta da venire – dare un senso alla rivolta, naturale ambizione dell’uomo cosciente.
Una missione dura e difficile, che non concede sconti a nessuno, una missione che travolge l’ascoltatore, sconvolgendolo. Perché questo disco è viva musica, è la più pura delle sensazioni, è un ritmo serrato e incalzante, è la dolce cadenza della poesia e il graffiante tono della voce e degli strumenti. Questo disco non è arte, è qualcosa di più ricco, complesso e fertile, è il grido di ribellione che sgorga dalle viscere ed erompe con la voce, è il viso innocente segnato dallo sforzo di esistere e ribellarsi.
E’ l’amore, è la bellezza infinita di ogni figlio che viene alla luce, è tutta l’impazienza di libertà di questo mondo, è l’infarto della rabbia e il rancore acerbo del liquore, è il prorompente antiteismo che nega gli dei e solleva i macigni, è il tremore prima di addormentarsi, è l’urlo in un campo di concentramento alla fine della guerra, è il dolore del padre che sotterra il figlio, è l’etica che libera la bellezza, è il naturale diritto di ogni uomo ad odiare.
Ma è anche il passato, il passato che ritorna e con il quale bisogna ancora fare i conti, è la necessità di informarsi, di conoscere e interpretare i fatti del mondo, è ribellarsi per ciò che non funziona: è ricordare Ustica, il missile, i 68 adulti, i 13 bambini, i pezzi di corpi, la sorte morale dell’Italia, è l’operazione Piombo Fuso, il milione di profughi libanesi, il più grande danno ambientale della storia del Mediterraneo, i 6mila miliardi di dollari di danni, le 1130 vittime civili, le 1130 famiglie che non sanno se avere ancora fede nel genere umano, è l’undici settembre 1973, è Victor Jara, Salvador Allende. E’ tutto. Tutto ciò che poteva e doveva andare diversamente.
E’ un’esperienza. Di quelle vere, quelle che si fanno sentire e che riecheggiano per sempre nella mente e nello spirito. E’ un viaggio che tutti dovrebbero compiere, per sentire in sé il risveglio ribelle del proprio animo, troppo spesso lasciato in silenzio nell’indifferenza e nei piccoli egoismi quotidiani. Per questo motivo, è anche e soprattutto un autentico dono per il futuro, una creazione che incita a creare, è qualcosa che – senza mezze misure – risveglia le coscienze, per ritornare pienamente a vivere. E a ruggire.
Giovanni Sarracino (data: 13.02.12)
Strepitoso l'impatto sonoro dell'album degli "Ultimo attuale corpo sonoro". Io ricordo con rabbia è il titolo del full lenght, rabbia come emozione trascinante e che non fatica a trasparire grazie ai toni drammatici, alla durezza delle liriche e ad una voce graffiante ed intensa. Composto di 12 tracce, vanta di una produzione grandiosa, curata nei minimi dettagli; le chitarre si intrecciano continuamente in riff incalzanti, non lasciano spazi vuoti. Splendido il lavoro di basso e batteria, quest'ultima sempre presente, mai eccessiva. Un corpo ben saldo quello che caratterizza ogni pezzo avvolgendolo in atmosfere post-punk e che permette alla voce di adagiarsi come meglio crede per fare ciò che il cantante veronese sa fare meglio, gridare all'ascoltatore le sue verità circa fatti di cronaca attuale e non, fatti che attraversano la storia italiana, come la quinta traccia, Fort Apasc, che tratta della strage di Ustica, e a quella internazionale come in "11 Nov 1973", circa la guerra non dichiarata delle multinazionali. E' saldo l'equilibrio che si crea tra la parte strumentale ed il "parlato", più che cantato, tagliente delle liriche; lavoro come si può immaginare certamente impegnativo quello di coniugare un sottofondo post-rock, sulla scia dei Godspeed You! Black Emperor alla possibilità di raccontare senza peli sulla lingua tutto ciò il cantante Ferretti non riesce a trattenere , facendo trasparire drammatico sentimento ed indignazione mista ad impotenza. Disco da ascoltare per chi ha voglia di farsi trascinare in un vortice di rabbia e risentimento senza fine verso accadimenti derivanti dal volere non delle masse , ma dei soliti cospiratori.
Bnfc (data: 13.02.12)
I migliori album italiani del 2011 - la lista di Zago
Pubblicato: 06 dic 2011 da Riccardo "Zago" Zagaglia
Dopo quella relativa agli album “internazionali” ecco la personale classifica dei migliori album italiani usciti durante il 2011.
Anche questa classifica (che trovate dopo il salto) si basa sui voti assegnati all’interno della rubrica “Uscite Discografiche“, con la differenza che invece di prendere in considerazione tutti gli album che hanno ricevuto un voto superiore al 6/7, in questo caso sono presenti tutti gli album che hanno superato la barriera della sufficienza.
Tra grandi ambizioni (Verdena), progetti apprezzati anche all’estero (Raein, Dumbo Gets Mad e A Classic Education), conferme cantautorali (Paolo Benvegnù e Vinicio Capossela), riusciti secondi album (Ultimo Attuale Corpo Sonoro e News For Lulu) e nuove promesse (Esperanza, I Cani), è stato un anno probabilmente privo di grandi capolavori, ma piuttosto intenso. Nei primi mesi del 2012 attesi i ritorni di Il Teatro Degli Orrori e Offlaga Disco Pax, oltre ovviamente alla nuova edizione si Sanremo, che come ogni anno ci regalerà musica di altissimo livello (…).
Verdena - Wow
Raein - Sulla Linea D’orizzonte Tra Questa Mia Vita e Quella di Tutti
Dumbo Gets Mad - Elephants at The Door
Esperanza - Esperanza
Ultimo Attuale Corpo Sonoro - Io Ricordo Con Rabbia
Paolo Benvegnù - Hermann
Vinicio Capossela - Marinai, Profeti E Balene
A Classic Education - Call It Blazing
I Cani - Il Sorprendente Album D’esordio de I Cani
News For Lulu - They Know
Umberto Palazzo - Canzoni Della Notte e Della Controra
Kaos One - Post Scripta
(m+a) - (M+A)
Cesare Basile - Sette Pietre Per Tenere Il Diavolo A Bada
Ka mate Ka ora - Entertainment In Slow Motion (2010)
The Death Of Anna Karina - Lacrima/Pantera
Be Forest - Cold
Walls - Coracle
Mariposa - Semmai Semiplay
Brunori SAS - Vol.2 - Poveri Cristi
(data: 13.02.12)
UN TÈ CON GLI ULTIMO ATTUALE CORPO SONORO
Lo scorso 25 Novembre è uscito il terzo lavoro della carriera degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro. Io ricordo con rabbia è un monito, un’accusa, è l’autopsia di una morale cancellata e battuta, è il racconto dei vinti, di tutti i vinti, di noi. Muovendosi tra le sonorità dei migliori GY!BE, Massimo Volume e CCCP/CSI, il nuovo album è certamente da annoverare tra le migliori uscite di questo 2011 che si avvia a conclusione.
Gli UACS confermano pienamente la qualità dimostrata in Memorie e Violenze di Sant’Isabella e compiono un passo in avanti, confezionando un album compatto e di una forza straordinaria.
Raccomandandovi come non mai di ascoltare uno degli episodi più felici della scena musicale italiana attuale e perché no, anche a livello internazionale, vi lasciamo all’intervista che Gianmarco Mercati, voce degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro, ci ha concesso per i lettori di Enquire.
“Ultimo attuale corpo sonoro” è un verso tratto da Mexico City Blues di Kerouac. Voi prendete le mosse da un certo tipo di letteratura ed è subito evidente quale sia l’importanza che corre nel rapporto tra le vostre parole e la musica. Chi sono gli UACS e come nascono?
U/A/C/S, 173° strofa dei M.C.B.. Non che la prosa di Kerouac mi faccia impazzire, così come un po’ tutta la letteratura del vissuto. A livello accademico alcune liriche della stagione Beat sono sottovalutate, ma a tutti gli effetti sorprendenti. Posseggono quella tensione all’eccesso artistico che ingoia il Barocco, lo smunge, e lo catapulta nell’esistenza quotidiana trascendendola in concetti assoluti. Le liriche di Kerouac sono urgenza da incastrare in un blues come fossero un mantra; disseminano incise da far trasalire, come fossero slogan, poi perdono il filo in un’ipotassi infinita che a briglie sciolte innesca vampate di periodi su periodi che lasciano davvero senza fiato. Il cerchio si chiude improvvisamente, torna a tenere banco la paratassi e le espressioni ripetute, in anafora, cicatrizzano quello che ormai ti ha ferito e che ti rimane sulla pelle in una cornice nebulosa che, da lettore, sei come costretto a decifrare ad ogni passo in maniera differente. U/A/C/S è questo, da oramai una decade, sia a livello musicale che attitudinale.
Ripercorriamo la vostra attività: il primo album, Nuova York: Strade e Sogni, esce nel 2004, il secondo, Memorie e violenze di Sant’Isabella, invece è del 2009. Con questo terzo lavoro, Io ricordo con rabbia, sono passati 7 anni dai vostri inizi. Cosa è cambiato nel frattempo e qual è l’esegesi di questo album?
Cosa è cambiato? Non sono cambiate le persone del collettivo, sono state le contingenze della quotidianità a cambiare. È una cosa di cui vado particolarmente fiero. Siamo cresciuti, siamo nel bel mezzo dello spartiacque del principio dell’età adulta vera e propria, siamo forse maturati, abbiamo imparato ad affrontare tematiche più profonde, scandagliandole, ma allo stesso tempo contemplando e coltivando più leggerezza “calviniana”. Io ricordo con rabbia ha avuto un periodo di gestazione non particolarmente lungo, se pensi che a febbraio di quest’anno i dodici brani erano già quasi pronti. Ci siamo sfogati, in urgenza, sia con le liriche che con la musica in senso stretto. Avevamo come bisogno di reagire. Di reagire al dolore con dell’altro dolore, la qual cosa è una delle varie modalità con cui si può affrontare la condizione umana nel post-modernismo.
Io ricordo con rabbia non è solo il titolo dell’album e della title-track, l’ultima. È piuttosto il filo rosso dell’album, la frase continuamente ripetuta nei pezzi. È qua che si concentra il senso del passato? Ossia, la necessità che sia ripetuto, percepito come ancora presente, che risvegli l’idea che ciò che è stato e ancora è, non deve più accadere?
No, nel disco non c’è luce. La resistenza che può trasparire da alcuni brani è solo una modalità per potersi guardare allo specchio senza rimettere. Crediamo fermamente in ciò che declamiamo, ma non pensiamo possa rappresentare una scintilla per mutare ciò che ci circonda. La speranza è una trappola, diceva Monicelli. E, aggiungo, è pure l’ultima a morire, come in molti sostengono. Quel che è stato accade ogni giorno con più ferocia e la musica non funge oramai nemmeno più come deterrente. Di questo sono pienamente convinto.
Nel precedente lavoro i protagonisti erano essenzialmente tre: Pasolini, Hikmet e Rimbaud. Qua lo sguardo si allarga, fino a contenere tutta la storia, i popoli, l’Italia di ieri che è ancora l’Italia di oggi. Una traslazione da un piano letterario ad uno più storico, dovuta a cosa?
In realtà Io ricordo con rabbia è un disco sentimentale ed estremamente personale. Ci sono molte canzoni di stampo civile, ne do atto, ma sono sempre racchiuse in una cornice intimista, quasi di immedesimazione. Come a voler sviscerare il tempo perduto di questo nostro mondo dei vinti. Pasolini, nella sua figura umana e non solamente intellettuale, Hikmet nelle sue liriche d’amore dopo aver perso la famiglia, Rimbaud nel suo esilio, Siani come precursore di un giornalismo che oramai non esiste più, la strage di Ustica i cui risvolti sono e saranno per sempre insabbiati, la P2 in continua evoluzione, l’io narrante che non riesce a tirare il fiato nonostante i suoi tentativi di urlare, l’amore perduto definitivamente: con modalità differenti le tematiche dei due dischi sono e rimangono molto simili a livello concettuale.
Nel brano di Miller da cui nasce Della tua bocca si legge: «Non ho mai aiutato nessuno aspettandomi che ciò gli facesse del bene; lo aiutavo perché non ero capace di fare altrimenti.» Allo stesso modo in Fortapasc, si continua a ripetere che Giancarlo Siani non era un eroe, era un giornalista. Alla banalità del male si oppone una necessità del bene, una impossibilità a fare altrimenti?
Una necessità intrinseca all’essere umano di fare del bene, sì. Ma senza lasciare spazio a fraintendimenti. Lottare è un’esigenza individuale, non tanto per sconfiggere la banalità del male (che a mio avviso non è mai banale) quanto per comprenderne le motivazioni; spesso e volentieri con spirito di rassegnazione.
Miller è una delle figure letterarie di questo album. Quali sono gli altri padri spirituali di Io ricordo con rabbia?
Infiniti: senza approfondirne le motivazioni (diventerei ancora più pedante di quanto non sia già) te ne faccio un elenco (che poi, con un po’ di fortuna magari riuscirai a rintracciare nelle prose liriche): Bocca, Gide nel suo L’immoralista, Daniele Sepe, Herzog, Ilja Stogoff, Kafka, Paolini, Izzo, Bertolucci, Breece D’J Pancake, Federigo Tozzi, Verga, l’ultimo capitolo dei Promessi Sposi, Bob Dylan, Hitler, Bergman, Nietzsche, Kerouac, Bianciardi, Piero Ciampi, De André, Garibaldi, Gadda, l’Ottocento russo, il pre-romanticismo inglese, Neil Young, Blake, Scott Walker.
Ci sarebbe ancora molto da dire, ma soffermiamoci su una vostra dichiarazione in Fortapasc, “L’etica libera la bellezza”. Il vostro manifesto e(ste)tico?
Penso sia un inciso molto efficace e soprattutto in cui credo fermamente, ma non ciecamente. Mi spiego. Il punto è un altro: qual è il passo successivo da compiere una volta liberata la bellezza attraverso l’agire etico? Penso che l’etica liberi la bellezza, ma, sopra ogni cosa, che la bellezza sia verità. E questo è un sillogismo che può non fare una piega. Ma se aggiungessi che la bellezza è per sua stessa natura caduca ed effimera, cosa mi risponderesti? A titolo personale la libertà, come ideale in sé, non mi ha mai convinto in toto. Quando leggo o sento dire “io credo nella libertà”, qualcosa non mi torna. Penso che prima della libertà sia necessario intestardirsi a pensare che venga prima l’eguaglianza.
Avete in progetto un tour, dopo l’uscita dell’album?
Sicuramente. Abbiamo un booking e delle persone fidate e trasparenti che ci permetteranno, questo è l’auspicio, di girare per l’Italia.
Ultima domanda: se poteste scegliere un film da accompagnare con le vostre parole, quale potrebbe essere?
Qualora le condizioni di un concerto lo permettessero, e ciò spero che accada, mi darebbe molta soddisfazione proiettare durante i nostri pezzi il documentario di Werner Herzog, Apocalisse nel deserto, la pellicola più avvincente che abbia mai visto, in assoluto (e te lo dico da cinefilo). Tratta con un’intelligenza sorprendente dell’incendio dei pozzi petroliferi del Kuwait a cavallo della Guerra del Golfo.
Sara Marzullo (data: 13.02.12)
Ultimo attuale corpo sonoro - Io ricordo con rabbia
Massimo Volume e CSI, mischiati “con rabbia” e soprattutto urgenza... più che espressiva, sociale o politica, nel senso nobile del termine, “etica” e verità... fatti... è inevitabile quindi in un calderone del genere che in queste tracce, Dio e il Diavolo, il bene e il male, mai così simili, vengano tirati in ballo continuamente, sfidati, fatti confluire a più livelli, si tratti di mera cronaca, riflessioni personali ed esistenziali, rapporti amorosi... l’eterna lotta è l’assoluta protagonista e viene sviscerata musicalmente in maniera del tutto efficace, in un sound tipicamente post- rock, incisivo, aggressivo, potente, a tratti collerico ma sempre trascinante... un vero e proprio muro del suono insomma, sul quale le parole vengono di volta in volta scagliate con pura “rabbia”, indignazione, violenza, ma anche con punte di nostalgia e malinconia che servono a variare il registro stilistico che mantiene per tutte le tracce un’aurea solenne ed epica.
Prima di passare in rassegna i brani,vi segnaliamo che potete ascoltare “Io ricordo con rabbia” a questo indirizzo:
http://manzanillamusicadischi.bandcamp.com/album/io-ricordo-con-rabbia
“L'impero del male”: è un pianoforte intenso, sovrastato ben presto, immerso come dicevamo e che ritroveremo spesso nel corso dei brani, in sonorità tipicamente post-rock, ad aprire questo terzo lavoro targato Ultimo attuale corpo sonoro:
“guardami amore mio che sei sempre stata l’unica parte migliore di me disposta a migliorarmi”
“Flight data recorder”: è la strage di Ustica il tema di questo sentito brano, che si dipana potente e combattivo, del resto, “un missile, sessantotto adulti, tredici bambini”
“Chi c’era in quel DC9... nessuno di importante”
“Della tua bocca”: cala il ritmo, la velocità, non di certo l’intensità, che non smette di crescere, insieme alla forza delle parole urlate:
“e la tua bocca che sembra sempre aver appena mandato al diavolo qualcuno, non mandarlo al diavolo mandalo da me”
“Non ora, non qui”: citando volutamente o meno l’incipit di “Depressione Caspica” dei CCCP, tra “ricordi e radici”, i nostri sembrano quasi violentare in un certo qual modo la melodia, che qua e la si affaccia, per essere opportunamente “colpita” dal sound roccioso della band, da segnalare la coda strumentale finale, oscura e penetrante, assolutamente degna di nota:
“... e troppo a lungo oramai provato e corroso e prosciugate le vene hanno perso il furore cieco di battaglia le generazioni che mi hanno preceduto e insegnato”
“Fortàpasc”: la storia di Giancarlo Siani e il film su di lui, trama ideale per i giochi sonici del gruppo, aggressivo e travolgente:
“l’etica libera la bellezza”
“Undici settembre millenovecentosettantré”: un altro undici settembre e gli stessi difetti d’informazione, con accuse all’America nemmeno tanto velate, i ritmi sono cupi e incisivi, a tempo di marcia, altamente evocative le parole:
“ora è la guerra di bassa intensità fatta di brogli elettorali, di libertà di stampa inesistente”
“Casablanca”: pianoforte e violini, due minuti scarsi, a stemperare opportunamente la tensione, in un’atmosfera lirica e avvolgente, con tanto di cori, che dopo il brano precedente calza a pennello...
“Mio sole dei morenti”: incedere marziale e riff ficcanti immessi in una melodia disturbata e solenne, con un’altra coda strumentale da segnalare, rarefatta e psichedelica:
”sento gridare dentro di me ma non conosco più il cammino della mia volontà”
“Non tacciano i canti”: la questione palestinese e la lotta del petrolio, invocando Dio, se c’è si intende... con meno foga e quasi una sorta di rassegnazione nelle parole e ancora elenchi a far riflettere, rispetto ad altri brani, dove l’indignazione era più urlata:
“... si alzino i nostri canti perchè il popolo non merita tutto questo”
“La ballata di Itamar”: “cuore al cuore, vendetta per vendetta”... “il cantato”, le dinamiche strutturali e anche le liriche, richiamano inevitabilmente Giovanni Lindo Ferretti e i CSI.
“Tessera P2# 1816”: ripercorrendo la storia tragica italica e la mano lunga della P2, a ritmo serrato, facendo notare il numero della tessera riguardante “l’ex presidente del consiglio”
“sanguinare del nostro sanguinare”
“Io ricordo con rabbia”: la titletrack a chiudere l’album, dove “un eco molteplice e attivo dentro di me” è quello che conta, “come ricordare con rabbia”, è una ballad che ha una certa malinconia eppur solenne, in forma quasi di preghiera/testamento, intensa e toccante:
“e non amo più a sufficienza la mia coscienza per avere pietà di me stesso...” (data: 13.02.12)
L'ultimo, attuale, corpo sonoro da ascoltare
Qualche mese fa, quando ancora il disco non era uscito, mi è stato proposto l'ascolto di “Io ricordo con rabbia” (Manzanilla, 2011), nuovo capitolo degli Ultimo attuale corpo sonoro, band veronese nata otto anni fa che si è ricavata un posto di rilievo nel panorama musicale avanguardistico e cantautorale italiano con un approccio solido e concreto in termini di suono e contenuti.
Essendo per natura attratto da quanto si presenta come “nuovo” e “alternativo” rispetto ai consueti canoni musicali italiani, ho accettato con curiosità e, ad ascolto avvenuto, ho avuto subito le idee chiare: l'Ultimo attuale corpo sonoro è un sodalizio che va a collocarsi in un ambito di produzione culturale nazionale che i Csi hanno lasciato vacante e che solo i Massimo Volume, con fama già consolidata e rispolverata col recente ritorno sulle scene, sono riusciti a portare avanti.
Quindi si tratta di un disco, il terzo, veramente interessante, da raccomandare caldamente a chi della musica non ne fa soltanto uno strumento di distrazione, bensì di riflessione.
“Io ricordo con rabbia”, infatti, fa riflettere. Militanza sofisticata e rivendicazione sociale in versi – recitati e non cantati – ne costituiscono il substrato su cui si eleva un disco impegnato, di cui ho parlato poi con Gianmarco Mercati, voce e autore dei testi.
Il disco è registrato live e non in uno studio: scelta di stile o di suono?
E' stato ripreso in piccolo club molto curato della provincia del nord-est cui abbiamo dato vita una decade fa e cui naturalmente siamo molto legati. Su consiglio di Fabio Magistrali, che ci ha appunto seguito e suggerito nella produzione artistica, abbiamo optato per uno spazio che avesse le caratteristiche tecniche per una registrazione in presa diretta e in cui, soprattutto, ci sentissimo a nostro agio, da ogni punto di vista. Il suono del disco, a nostro avviso, col senno di poi risulta sicuramente aderente alle aspettative di urgenza che ci eravamo prefissi.
Testi di alta liricità e attitudine vocale recitante: un genere coraggioso anche per l'alternative?
Sicuramente la declamazione in senso stretto può dare l'impressione di non pagare in termini di efficacia immediata. Nelle esibizioni live tuttavia, che rappresentano in qualche misura la cartina al tornasole di ciò che hai composto su disco, l'attenzione non scema; si crea spesso un feedback emozionante (e non solo emozionale) tra noi esecutori e pubblico. E poi, andiamo, è un disco che avevamo bisogno di comporre e registare con immediatezza in un lasso di tempo di un anno e mezzo, e la declamazione è nata dallo stomaco; non si è trattato di "coraggio". Magari tra sei mesi sentiamo l'esigenza di strutturare un ep riarrangiando i canti alpini della Resistenza veneta, dando sfogo ad esigenze strettamente melodiche. Non è questo il bello della musica?
Come assonanze il vostro lavoro ricorda i Massimo Volume: quanto Clementi e co. vi hanno, anche inconsapevolmente, influenzato?
A titolo personale ascolto, seguo e leggo i lavori di Ferretti. Ai Massimo Volume ci è capitato di aprire un concerto, ma, per il resto, io personalmente non li ho mai ascoltati, non ho nemmeno un loro disco, non so nemmeno quali siano i loro brani che hanno segnato una generazione. Sia chiaro: questo non per cattiveria; semplicemnete le contingenze e le casualità della vita non mi hanno fatto incrociare la loro musica.
La percezione della realtà nel vostro lavoro appare piuttosto cupa: un mood legato alle contingenze o più endemico, filosofico?
Essere musicalmente "cupi" sicuramente è cosa che ci appartiene. Sono innamorato, ad esempio, dell'album "Ghost Tropic" dei Songs: Ohia di Jason Molina. C'è chi dalla musica si aspetta impegno, c'é chi si aspetta rock 'n' roll, c'è chi si aspetta divertimento, c'è chi si aspetta pop, c'è chi si aspetta bubblu-gum music, c'è chi si aspetta un frullato di tutto quanto assieme. Per quel che ci riguarda, in tal senso, non abbiamo fatto una scelta di campo. Cerchiamo semplicemente di esternare ciò più ci urge. Si potrebbe sicuramente approfondire questa nostra attitudine, ma, ti assicuro, per un'intervista sarebbe di un pedante certamente fuori luogo. Ad ogni modo, se ti va, sarei lieto di scandagliare la questione. Ma ti assicuro che cadremmo in un vortice di correnti filosofiche, antropologiche, sociologiche, letterarie, sino a sfociare nelle branche più moderne della neorologia. Sei sull'orlo del burrone: sicura di voler fare il passo successivo e cadere nel vuoto? (prendi queste ultime righe col sorriso).
In ultimo, c'è un testo su Ustica: è bello notare che l'impegno civile su certi misteri italiani giunga anche da musicisti e soprattutto musicisti giovani. L'Italia ha un po' perso quella musica militante che fino al 2000, anno più anno meno, ha resistito?
Forse non sono la persona adatta per affrontare il tema in questione. So che molti musicisti, anche e soprattutto di stampo underground (per quel che possa significare l'espressione), vorrebbero scindere completamente la loro arte da qualsivoglia tema di stampo civile. Certamente è una scelta più che legittima, ma spesso mi chiedo come si possa parlare di se stessi, della propria esistenza, di una qualsiasi storia, senza che la propria attitudine di artista (e proprio per questo di persona estremamente sensibile) si intersechi con ciò che accade là fuori, nel "buio oltre la siepe". Per il brano che abbiamo dedicato alla vicenda (strage) di Ustica cui accennavi nella domanda, stiamo lavorando con un regista a mio avviso molto bravo, Riccardo Pittaluga, per ampliare il raggio d'azione della canzone in sé con una sorta di documentario breve. Non tanto per rimarcare una vicenda lontana tre decadi e ancora difficilmente decifrabile, quanto per omaggiare chi si è preso l'onere di portare avanti rivendicazioni più che legittime: parlo dell'Associazione dei parenti delle vittime della Strage di Ustica e in particolar modo della sua presidentessa, Daria Bonfietti. Un po' come allegoria del popolo indifeso (e a stento difendibile), che combatte con un mostro a più teste, il Potere colluso a interessi individualistici, che per ragioni di comodo ti sbrana, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, anno dopo anno, decade dopo decade.
scritto da: Sergio Palomba (data: 13.02.12)
Ultimo Attuale Corpo Sonoro – Io ricordo con rabbia
di Dean Morrison
Quest’album è la novità frizzante che stavi spettando? No. Allora è un album di quelli che soddisfa tutte le tue paranoie da finto incompreso parlando fondamentalmente di nulla? No.
Questo è un album impegnato e impegnativo, militante e schierato come non si vedeva da tempo, richiede attenzione nell’ascolto, non pensare di far altro nel frattempo.
Lo aspettavo come si aspettano le uscite dei grandi nomi, Memorie e violenza di Sant’Isabella (2009), il precedente album degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro è un piccolo capolavoro e la prima traccia (Empirismo eretico) dedicata a Pasolini non ho mai smesso di ascoltarla in questi due anni. Quando l’attesa è grande, il rischio di rimanere delusi è altrettanto grande.
No, non è andata così, Io ricordo con rabbia non ha tradito le aspettative. Ti dicevo, non è una ventata di freschezza, anche perché questa cazzo di fissazione indie per le novità deve smettere. Si, si può prendere la lezione dei primi Massimo Volume e dei CSI e metterla a frutto, continuare la strada tracciata da quel solco rimasto desolatamente quasi spopolato. Dire che gli UACS lo facciano con umiltà sarebbe una bugia ché non mancano di presentazioni con un sottotraccia intellettualoide. Però, se ci pensi, tanti personaggi vaganti per la scena musicale italiana si atteggiano a nuovi vate senza avere neanche niente da dire, qui almeno la sostanza c’è ed è tanta. Rispetto all’album precedente i ritmi si fanno più incisivi, le atmosfere più spigolose, si trova dell’intimità, non si è perso un briciolo di rabbia, anzi.
Ora viene la parte difficile, raccontare cos’è che canta, o meglio, recita Gianmarco Mercati senza cedere alla tentazione di riportare integralmente i testi. Si parte con L’impero del male, canzone d’amore d’un lirismo feroce che potrebbe essere una nuova Annarella molto più crudele. Dell’animo umano si parla ancora in Della tua bocca, ispirata dall’incipit di Tropico del capricorno di Miller, dove l’inquietudine la fa da padrona e dove inizia aspro il confronto con la divinità (E se un dio ci fosse, mi presenterei a lui, calmo, e gli sputerei in faccia). Proseguiamo sui brani intimisti con Non ora, non qui, ovviamente un omaggio a Erri De Luca e come nel famoso libro il riferimento è alle origini, a chi ci ha preceduto. Dalla parte dello spirito metto ancora Mio sole dei morenti, dove la speranza muore, forse per un amore finito, e continua il dialogo col divino ma, come fosse alla fine di un percorso, con un’altra prospettiva (se un dio ci fosse mi presenterei a lui, calmo, e lo ringrazierei).
Le altre tracce rappresentano invece la parte militante del disco, le si potrebbe chiamare storico-politiche. Flight Data Recorder racconta della Strage di Ustica, mentre Fortapàsc è ispirata dal bellissimo film di Marco Risi e quindi dalla vita di Giancarlo Siani. Si fa un salto indietro con Undici settembre millenovecentosettantatre, questa volta la storia è quella del Sudamerica, di tutti i suoi focolai di guerriglia attuali, partendo appunto dai fatti accaduti nella data che da il titolo alla canzone: il colpo di stato di Pinochet, il ruolo degli USA, l’uccisione del cantautore resistente Victor Jara. Ancora troviamo Non tacciano i canti e La ballata di Itamar, entrambe scritte di getto all’indomani del bombardamento del Libano il 13 agosto 2006, l’una rabbia, l’altra commozione. Con Tessera P2 #1816 si torna in Italia e il riferimento è abbastanza chiaro, lì dove Licio Gelli ha fallito qualcuno stava per riuscire, e spero che il tempo verbale sia giusto.
Lascio fuori da due filoni tematici Casablanca, uno strumentale in omaggio al libro di Marc Augè, e la title-track, Io ricordo con rabbia, che sembra contenere in sé alo stesso tempo l’animo intimo/spirituale e quello civico/politico del disco.
Stringiamo il pugno e in mano ci rimane un disco ad altissima densità di contenuti, di rabbia e di tante altre cose ancora. Un disco importante, bello, che aspettavo e non ha paura di non essere alla moda. “Io ricordo con rabbia” non va verso l’ascoltatore neanche per un istante, come è giusto che sia, è il movimento contrario che deve accadere nelle cose di valore. Ma non essere “easy” non vuol dire non essere coinvolgenti. Non avrà il successo che merita, come i migliori album degli ultimi tempi, ma non voglio abbandonarmi ad un’invettiva di cui i contenuti sono facilmente immaginabili. Magari mi sbaglio e il duemilaundici musicale verrà ricordato, tra gli altri bei album usciti, anche per questo degli UACS, e non per certi sorprendenti album d’esordio, t’immagini. (data: 13.02.12)
Io ricordo con rabbia – Ultimo Attuale Corpo Sonoro
E’ un po’ di tempo che tengo questo disco tra le mani, lo rigiro spesso, lo guardo, lo ascolto, ma è difficile parlarne. Come spesso mi è capitato, trovo difficilissimo parlare di qualcosa che “parla bene”. L’uso della parola, nonostante tutto, mi imbarazza. Ogni cosa che io posso dire mi appare banale. Ma devo farlo: non ne sarò all’altezza, ma mi illudo che possa servire, perchè la “condivisione” delle cose belle è uno dei principi che guida LostHighways.
“Prendete, mangiatene tutti”, perchè Io ricordo con rabbia è un disco da mordere, da digerire, da vomitare forse. Un disco potente come pochi, capace di entrare nel corpo e nell’animo di chi lo ascolta. L’approccio dei Massimo Volume con la prepotenza de Il Teatro degli Orrori, l’impegno sociale e politico e la poesia, il rock che vibra pesante ed ariose aperture musicali a prendere fiato. E’ rabbia condensata nel ricordo, o ricordo a macerare nella rabbia; si diffonde con un odore acre che sa di ingiustizia e di società ancora da costruire.
Gianmarco Mercati, con i suoi testi duri come la pietra, ci narra una storia che conosciamo bene ma troppo spesso vogliamo dimenticare; come mi suggerisce la copertina dell’album, i brani sono cicatrici che si nascondo nella peluria del petto di un uomo: non si vedono ma basta sfiorarle con la punta delle dita per sentirne tutto il dolore che racchiudono.
L’Italia della strage di Ustica, di Giancarlo Siani vittima della camorra, di Falcone e Borsellino, della P2 e la tessera dell’ormai ex Premier; poi il mondo dell’11 settembre, ma del 1973 nel Chile di Allende e di Victor Jara, della pellicola di Casablanca, di Beirut e la striscia di Gaza; infine dell’uomo, del suo tormento, dell’amore, della sua trasposizione in musica e parole.
Ricco di citazioni, appigli, spunti e rimandi, Io ricordo con rabbia è un opera completa che spazia tra storia, cinema, musica, poesia e letteratura. Tanto difficili, quanto splendidi, i testi di ogni brano si fondono alla musica con una forza disarmante, capace di riempire e svuotare l’ascoltatore come l’aria fa con una manica a vento. Si muovono come un corpo unico, gli U.A.C.S. suonano come un’ispirata orchestra rock a tessere le trame dove la parola cuce i suoi preziosi ricami, di strato in strato.
Quello de l’Ultimo Attuale Corpo Sonoro è un progetto ambizioso, e probabilmente il più denso ed interessante di questo 2011 che sta giungendo al termine: imperdibile. (data: 13.02.12)
ULTIMO ATTUALE CORPO SONORO - IO RICORDO CON RABBIA (2011-MANZANILLA MUSICA DISCHI)
Cos’è l’impegno politico-sociale? Cosa vuol dire mettersi in gioco e denunciare? Si parla molto di artisti impegnati, di cantautorato, music against capitalism e poi la maggior parte di quelli che si credeva fossero davvero “contro”, si rabboniscono, accettano le leggi del mercato e abbassano la testa. Sì, mi riferisco a qualcuno in particolare, ma non citerò nessuno. Al contrario, tra i pochi gruppi italiani che resistono, un posto d’onore è occupato dagli Ultimo Attuale Corpo Sonoro. Dopo aver pubblicato “Memorie e violenze di Sant’Isabella”, nel 2009, tornano sul finire del 2011 con un disco rabbiosamente rock, maledettamente diretto e schierato: Io ricordo con rabbia.
Il potere della musica può essere un’arma e per gli UACS lo è: la voce di Gianmarco Mercati è una pistola che spara parole infuocate, che denuncia e vomita verità scomode, stuzzica le ferite anestetizzate e le riapre. Un disco che andrebbe studiato nelle scuole, nel quale citazioni colte e letterarie (come nel caso di “Della tua bocca”, liberamente ispirata all’incipit di “Tropico del Cancro” di Henry Miller, di “Non ora, non qui”, che riprende l’omonimo testo di Erri De Luca e del pezzo strumentale “Casablanca”, omaggio al testo di Marc Augè) si confondono con riferimenti agli eventi del passato recente (citazioni cinematografiche in “Fortapàsc”, brano ispirato alla vita di Giancarlo Siani che Marco Risi ha recentemente portato sul grande schermo).
Racconti tragici della storia contemporanea, di quegli eventi dimenticati dalla società in nome di una volontà di rimozione, di disinteresse perchè fa comodo lasciare da parte le questioni in sospeso: la strage di Ustica viene raccontata in modo tragicamente sublime in “Flight Data Recorder” (“un missile, 68 adulti e 13 bambini. 81 vittime e una nazione con loro.”), una verità fin troppo nascosta, alla quale il Paese si è tristemente assuefatto, trova finalmente la libertà (“carnefici a servizio dell’occultamento”[...] “ma come si fa a chiedere a quelli che sanno di dire la verità”).
Le vicende del Cile di Allende all’indomani del colpo di stato di Pinochet e la morte di Victor Jara sono sviscerate in “Undici settembre millenovecentosettantatrè” mentre con “Tessera P2#1816” si torna nel Bel Paese, incatenando i fatti, raccontando gli eventi, facendo i nomi di quell’“unica catena che ha svilito e massacrato le generazioni che ci hanno preceduto e che ammorba le resistenze di quelli che ci seguiranno, sanguinare del nostro sanguinare” getta luce sull’oscura loggia massonica P2 e gli aderenti tesserati, tra cui svetta, con la tessera numero 1816, il tristemente noto cavaliere, ormai ex presidente del consiglio di “quest’Italia Repubblicana”.
Un disco per la memoria e per la rabbia. Un solo monito: tenere vivo il ricordo di ciò che siamo stati e essere figli di una collera naturalmente sana e volta a desiderare giustizia.
(Francesca Paolini) (data: 13.02.12)
ULTIMO ATTUALE CORPO SONORO , "Io Ricordo Con Rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Onde d’urto elettriche da noise affine ai Marlene Kuntz degli inizi, sormontate da oceani di parole per spoken word (tranne, o quasi, “Il Cuore Di Itamar”) dal forte impeto à la Massimo Volume e da un impatto che stringe il cuore e inculca potente un nucleo oscuro di ciò che sappiamo, ma che spesso fingiamo di non sapere. Non vengono a raccontarci nulla di nuovo gli Ultimo Attuale Corpo Sonoro, ma ce lo raccontano con la foga di chi ha ancora la forza dell’indignazione, foga e capacità che ha abbandonato in molti e che, per certi versi, è il fuoco che forgia le coscienze civili di un popolo, di una nazione, di tutti.
Rabbia e ritmi infuocati – e la produzione di Fabio Magistrali fa il suo – sostengono le invettive che raccontano una storia comune: si tratti della strage di Ustica, della rivisitazione dell’incipit del Tropico Del Capricorno, dell’amara e sin troppo attuale storia di Giancarlo Siani, delle parole di Erri De Luca, la tempesta che scatenano i testi di Giamarco Mercati è fomentata da una rabbia che (per fortuna) non ne vuole sapere di arrendersi. Preziosa, davvero, “Undici Settembre Millenovecentosettantatrè”, riprende un tema di un pezzo dei Goodspeed You! Black Emperor (decisamente non un gruppo a caso) per narrare la vicenda parallela di Victor Jara e Salvador Allende, da tatuare nella memoria “Tessera P2# 1816”; il giro di valzer a suon di bombe atomiche che si ripercuote per tutti i pezzi, trova poi, malinconica e lenta deflagrazione nella title-track.
Di certo non un disco che è facile riascoltare, ma dovesse catturare anche solo un momento della vostra attenzione, vi scuoterà l’anima e sarà utilissimo per questo.
70/100
(Giampaolo Cristofaro) (data: 13.02.12)
Music Map - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Con la loro opera precedente Memorie e violenze di Sant'Isabella, avevano stregato tutti attraverso una miscela che univa la militanza dei CCCP con l'enfasi e le atmosfere degli OFFLAGA DISCO PAX e con la poesia dei MASSIMO VOLUME. Sono la voce fuori dal coro, sono gli intellettuali liberi da vincoli. Empirismo eretico, tratta da quest'album, è una delle perle più lucenti delle ultime stagioni musicali italiane, storia della morte di Pasolini che può (e deve) essere affiancata a quella storia sbagliata di genovese memoria, con la sua immortale invocazione "io so ma non ho le prove". Tornano ora con IO RICORDO CON RABBIA, perfetta sintesi di quello che è il suono da cui il gruppo si plasma: il suggestivo ed epico muro sonoro che tanto deve ai GODSPEED YOU BLACK EMPEROR, ritmiche incalzanti ed improvvise deflagrazioni chitarristiche. Ma il valore in più a questo disco viene dato dalle liriche di Gianmarco Mercati, declamate con ferocia e lirica dolcezza, rabbiose e allo stesso tempo violentemente impotenti. I testi si snodano su fatti di cronaca italiana, lucidamente insabbiati negli anni: si parla della strage di Ustica e dell'omicidio del giornalista Giancarlo Siani, foto in cui emergono la piccolezza dell'individuo in una società che tratta gli uomini come scacchi quando c'è qualcosa di scomodo da sotterrare. Così Flight Data Recorder ricorda le 81 vittime di Ustica senza colpevole, Tessera P2#1816 parla di uomini politici di freschissima memoria, con una scrittura che unisce i numi tutelati letterari del gruppo: Pierpaolo Pasolini per la critica della società, G.F.Lorca e Arthur Rimbaud per la struttura. Disco di devastante impatto emotivo che si impone come miglior uscita italiana di questo 2011. (data: 13.02.12)
FUORI DAL MUCCHIO - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Non inganni l’inizio pianistico à la Harold Budd. È subito furore. Strattonati sul carro incendiario degli UACS. Che bel disco che è “Io ricordo con rabbia”. E come risulta necessaria, una volta tanto, l’enfasi di un moralismo militante e consapevole. La musica del gruppo veronese viene considerata “l’incontro tra verso italiano e musica sperimentale”. Ma sarebbe più esatto definirla semmai uno “scontro”, un corpo a corpo in costante ricerca di negoziato tra il reading furibondo di Gianmarco Mercati e le trame post-rock e noise dei suoi compari. Al suo terzo album, la band conferma la tendenza verso una scorticata poesia e un’urticante cronaca civile. Come l’inesausto aedo di una memoria che non si azzera, zeppa di residui e reperti che non vogliono saperne di fare largo, Mercati compie il periplo della rabbia. Si squaderna il rosario di una “battaglia a bassa intensità”, ed ecco la strage di Ustica in “Flight Data Recorder”: nel libretto del CD sono riportati i nomi di tutte le ottantuno vittime (sessantotto adulti e tredici bambini). Qualcuno li conosce? Sotto l’urlo offeso di Mercati, si dimena uno scorbutico intreccio pre-wave alla maniera dei primi Gang of Four. “Della tua bocca”, ispirata a “Tropico del Capricorno” di Henry Miller, è una delle tracce in cui è maggiormente esposta la parentela italica più diretta degli UACS, quella con i Massimo Volume. Altre genealogie vicine e lontane ci portano verso le rotte di Slint e Godspeed You! Black Emperor. L’album di famiglia vira invece verso i CSI in “La ballata di Itamar” − la litania “cuore al cuore, vendetta per vendetta” in perfetto stile-Ferretti − dedicata allo scrittore israeliano David Grossman. “Undici settembre millenovecentosettantatre” è il racconto grifagno del cuore nero degli anni 70 sudamericani, il golpe cileno, l’omicidio di Victor Jara. Continue le sollecitazioni letterarie, versi strattonati: Pessoa, Dylan, Erri De Luca, Augé, Izzo. Emozionante l’omaggio civile dedicato al cronista assassinato dalla camorra Giancarlo Siani, in “Fortapasc”, declamato sull’headline “l’etica libera la bellezza”. Ci sarebbe ancora tanto da dire, ma ce n’è bisogno?
Gianluca Veltri
(data: 09.12.11)
RUMORE - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Tempesta cui non segue mai la quiete, quasi un atto di generosità, è “io ricordo con rabbia”. Un poeta che declama i propri scritti, Gianmarco Mercati, e una band di tutto rispetto, che non si limita a fare da cornice. Dalla cronaca più cruda e atroce (sfilano la strage di Ustica, l’assassinio di Giancarlo Siani, il regime di Pinochet, la P2…) alla controinformazione; dalla denuncia del malcostume a quella di un sistema politico-mediatico complice ed omertoso; dalla veglia dell’agonia dell’etica all’amara constatazione della cecità collettiva. Non ci si lasci depistare da inevitabili assonanze con Ferretti o con Clementi, perché è vero che si tratta di un reading ma è pur vero che UACS ha gran dignità e una ragione d’essere a sé. Un impianto sonoro, che va dal noise al post-rock alla wave, ne amplifica il malessere claustrofobico, lasciando trasparire ben poche aurore, se non la speranza che anche queste canzoni possano volare alte.
Barbara Santi
(data: 09.12.11)
BLOW UP - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Giunti al terzo disco, gli UACS portano avanti un ambizioso progetto musicale che riceve Verbo da narrazioni/documenti scritti e da parole recitate/declamate/urlate. Accenti lirici che schiacciano gli stessi tasti dei Massimo Volume (Della tua bocca, Casablanca…), degli Offlaga Disco Pax (la titletrack) e dei CSI (La ballata di Itamar), senza che il gruppo veronese possa esibire la poeticità dei primi, la lucidità dei secondi o il physique du role dei terzi. Declinato sia in chiave intima (L’impero del male, Non ora non qui) che collettiva, il tema conduttore di uesta raccolta è la memoria. Ma lungo un percorso che rievoca contemporaneamente i fatti di Ustica, l’assassinio di Giancarlo Siani da parte della camorra, i bombardamenti israeliani sul Libano dell’agosto 2006, l’undici settembre cileno e le trame del potere della P2 – aggiungendo debiti di riconoscenza nei confronti di Marco Risi, Henry Miller, David Grossman, Marc Augè, Roberto Longhi, Erri De Luca, Fernando Pessoa, Bob Dylan, Piero Ciampi, Jean-Claude Izzo, Fabrizio De Andrè, Louis-Ferdinand Celine – il “ricordo” si traduce in logorrea enciclopedica e la “rabbia”, insistendo su un noise-rock ispido ma tendenzialmente monocorde, si stempera infine nell’autocompiacimento.
Guido Gambacorta
(data: 09.12.11)
L'ISOLA CHE NON C'ERA - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Uno schermo nero, come le notti “rivoltate” e madide dell’irrompere di pensieri ciechi e di urla dilanianti ora delle viscere, ora della coscienza indignata; su di questo l’accamparsi inquietante di vampe di suoni, tra chitarre brucianti e ipnotiche, note di piano che sgocciolano amare ed eleganti come liquore (v. il semplice, magnifico affresco strumentale del «desiderio del rimpianto» e del «rimpianto del desiderio» di Casablanca, ispirata all’omonimo scritto di Marc Augé) e ritmi che sono marce perentorie di inferni personali, di morte morale o morti civili, indifferenti e impunite in un’«era di golpe bianco di rose» (Tessera P2# 1816).
Questo appare il secondo lp dei veronesi Ultimo Attuale Corpo Sonoro (U.A.C.S.), dalla forte, impressionante impronta teatrale; l’indugio letteralmente introverso del post-rock incorpora la raffinatezza appassionata di selezioni letterarie da reading (v. ad esempio Della tua bocca, ispirato all’incipit del Tropico del Capricorno di Henry Miller, con crescendo inquieti ed inesorabili e inserti spettrali di piano elettrico), la delirante forza del grido di un “profeta” isolato e fulminei highlights della cronaca italiana e internazionale, laddove la politica si sporca del sangue della complicità e di trame occult(at)e.
I bassi affondano a volte le loro ombre nel post-punk revival, o più precisamente quasi nella dark-wave, fin dentro le prigioni infernali dei suoni dei Bauhaus, mentre le chitarre sanno ringhiare stranianti, oscillando tra le impennate laceranti dei Massimo Volume, il ruggire cupo del serrato noise-rock del Teatro degli Orrori e dei loro cambi di ritmo e talvolta persino le malinconie elettriche per arpeggi e distorsioni un po’ figlie dell’alternative dai Radiohead in su. Buona parte di questi caratteri convivono ad esempio nelle chitarre dell’esplicita, coraggiosa denuncia di Tessera P2# 1816.
Gianmarco Mercati, dal canto suo, nella recitazione e nel lirismo allucinato e straziato delle sue parole rammenta ancora Emidio “Mimì” Clementi.
Il progetto degli U.A.C.S. è complesso, fino a sconfinare talora nel pretenzioso, ma la messa in scena dei veleni che scorrono nella storia collettiva e nel «colore della propria ferita» (Mio sole dei morenti) dona anche ai momenti più ermetici o a quelli drammatici, da tesa predicazione nel deserto, una carica ulcerante unica che attorciglia lo stomaco.
Potremmo raccontarvi i loro “allestimenti musicali” sugli addestramenti militari dei golpisti e sulla «guerra non dichiarata» delle multinazionali (Undici settembre millenovecentosettantatrè), sulla stanchezza del tempo di Non ora, non qui di Erri De Luca (tradotto in musica in un’interpretazione rabbiosa forse a lui poco consona), sul «valore dei giornalisti precari» rappresentati da Giancarlo Siani (Fortapàsc) e tanto altro ancora, ma questo è un album che, per essere compreso, va ammirato in quel suo proiettare parole e note atroci e dolorose.
Magari va ascoltato però a piccole dosi, perché mancano facili, rassicuranti, ma anche necessarie vie di fuga, che scavino un pertugio per la luce nell’oscurità della «rabbia» e nell’«impero del male». E ogni tanto bisogna uscire/venire alla luce, oppure anche al disgusto o alla provocazione suscitata da brani come questi ci si assuefa e si coglie solo la ritmicità abrasiva dello spoken che si perpetua uguale a se stessa.
Ambrosia Jole Silvia Imbornone
(data: 09.12.11)
MESCALINA - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Ogni parola di Io ricordo con rabbia degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro è un amo che va a conficcarsi nella coscienza, nei ricordi, nelle parole di chi ha cercato di spiegarci quello che è accaduto negli ultimi trent'anni alla nostra nazione, alle nostre generazioni di precari dei sentimenti e della memoria.
Nella forma il gruppo veronese è sicuramente qualcosa di già noto: Ferretti e Clementi nei versi incisivi e i Godspeed You! Black Emperor nei crescendo, negli intrecci di chitarre e nella batteria mai in disparte, assonanze che già erano presenti sia nel disco d'esordio Nueva York: strade e sogni (2005) sia nell'ultimo Memorie e violenze di Sant'Isabella (2009) e che qui trovano episodi più serrati e brevilinei in odore di post-punk.
Così bastano pochi brani per capire che la presa di distanza degli UACS dai "maestri" è netta: la precisione fredda e maniacale, quasi pedante, nel riportare i fatti di cronaca si incontra con un'urgenza ormai rara, la rabbia della title-track, la rabbia dell'impotenza davanti all'incomprensione e al potere, la stessa rabbia, malinconica ed empatica, che esplode dopo incalzanti riff di chitarra.
A differenza dell'album precedente in cui spiccava il singolo ispirato a Pasolini Empirismo eretico, in questo caso il livello dei brani è alto per tutta la durata del disco e i testi dimostrano di essere all'altezza sia quando vengono riportate vicende storiche sia quando i temi diventano intimi e personali.
Dall'introspettiva traccia di apertura L'impero del male si viene catapultati nei ritmi serrati di Flight data recorder e dell'inutilità della strage di Ustica per poi tornare con lo sguardo rivolto all'interno con le due ballate post-rock Della tua bocca ("E la Tua bocca, che sembra sempre avere appena mandato al Diavolo qualcuno… Non mandarlo al Diavolo; mandalo da me.") e Non ora, non qui.
Al giro di boa due dei pezzi meglio riusciti del disco: Fortapàsc, come l'omonimo film di Marco Risi su Siani ("L'etica libera la bellezza") e Undici settembre, svolgimento eccellente di un tema abusato come Victor Jara e il 1973 cileno.
Ancora il tempo per un paio di brani, di forte matrice CSI, sui bombardamenti di Beirut del 2006 prima di Tessera P2 #1816, originale cronaca dei legami tra i poteri occulti e il neo-deposto premier e in chiusura la title track, manifesto dello spirito del gruppo, Io ricordo con rabbia.
Gli UACS dimostrano che è ancora possibile usare chitarre elettriche sature, dire qualcosa di scomodo, arrivare alle interiora di chi ascolta. E fare impegno. Anche se i CCCP non ci sono più e gli anni settanta sono finiti da un pezzo.
Alexandra Lagorio
(data: 09.12.11)
EXTRA MUSIC MAGAZINE - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Si affida alla le note di un piano maestoso l¡¯inizio di ¡±Io Ricordo Con Rabbia¡± rimandandoci ai Massimo Volume e al canto rabbioso di Giovanni Lindo Ferretti (¡±Mio Sole Dei Morenti¡±).
L¡¯opener ¡±L'impero Del Male¡± spazza via ogni dubbio: la voce lacera, insieme al silenzio, anche le vostre speranze, il dolore scardina i filtri e le maschere che avete costruito per proteggervi, l¡¯impatto violento e non lascia scampo. Il suo crescendo ¨¨ pura estasi letale, i suoni pericolosi e quasi asettici creano uno stupendo effetto elastico proteso verso il pirotecnico finale. Vicini alle tipiche esplosioni post©\rock e agli accessi di rabbia di Clementi gli U.A.C.S. fanno i nomi, mietono vittime senza risparmiare niente e nessuno (¡±Fort¨¨pasc¡±).
Ultimo Attuale Corpo Sonoro ¨¨ un progetto d¡¯avanguardia sperimentale che fa dei testi il suo punto di forza, mira a elevare i toni accendendo tutte le micce sparse durante il suo tragitto sonoro (¡±11/09/1973¡±). Non mancano i momenti melodici durante i quali l¡¯unico a non abbassare la guardia ¨¨ il ¡®talking¡¯ arcigno, intriso di violenza parossistica di Giammarco Mercati. L¡¯incipit di ¡±Non Ora, Non qui¡± ¨¨ molto simile a una canzone dei Verdena, sta a voi capire quale, che poi si apre in arpeggi circolari e ritmica ossessiva prima del potente stacco finale. Se nell¡¯omonimo dei R.A.T.M. la voce Zach De La Rocha era l¡¯elemento chiave in questo lavoro l¡¯ugola di Mercati ¨¨ il mezzo per scardinare le porte, il suo salmodiare acido porta con s¨¦ una ribellione sincera e inarrestabile. La rabbia ¨¨ la linfa vitale, il verbo scelto per veicolare la loro insofferenza, mentre le chitarre intarsiano note risucchiate da vortici di distorsione.
I riferimenti alla poesia di F.G. Lorca, i continui richiami politici e i visionari passaggi che scomodano Arthur Rimbaud sono la chiave di lettura attraverso cui potrete scoprire il mondo degli U.A.C.S. ¡±Io Ricordo Con Rabbia¡± mette in scena lo scempio di una fogna a cielo aperto, sbatte il mostro in prima pagina, riesuma corpi putrefatti, interrogativi scomodi e personaggi importanti.
Niente giustificazioni, nessuna concessione ai dubbi, non fanno sconti questi cinque cavalieri veronesi che si muovono fra rock e testi devastanti lasciando una scia di sangue vivo e infetto da intrighi, manovre d¡¯insabbiamento, e malafede (¡±Tessera P2 1816¡±).
Se usassimo i voti sarebbe un 8 pieno, senza dubbio una delle uscite pi¨´ intense del 2011.
Giuseppe Celano (data: 09.12.11)
ARENA - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Musica che si abbatte su orecchie e mente È il disco «Io ricordo con rabbia» degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro, parole declamate e urlate.
Il «pienone» o quasi, all´Emporio Malkovich, per la presentazione live di Io ricordo con rabbia, il nuovo lavoro degli U/A/C/S/ - la sigla sta per Ultimo Attuale Corpo Sonoro - dimostra e conferma che c´è un pubblico che ancora chiede alla musica rock qualcosa di più o comunque di diverso del semplice intrattenimento.
E mettiamo subito in chiaro che il quintetto scaligero, anche e tanto più dal vivo, raggiunge un suo non facile obiettivo, quello di tener incollata l´attenzione di chi ascolta da inizio a fine concerto. A dispetto, appunto, di una proposta certamente non facile, che rifugge da qualsiasi edulcorante e quasi completamente da momenti consolatori, per «sparare» nelle orecchie e nella mente, senza apparente soluzione di continuità, verità (o per lo meno ipotesi di verità, perché di certe cose si sa, ma non si hanno le prove) scomode, fantasmi del passato che è bene non dimenticare, e anzi bisogna ricordare con rabbia.
Così quel che si ascolta dagli U/A/C/S/, più che canzoni nel senso strutturale del termine, cioè costruite su un´equilibrata ingegneria di componenti, sono parole declamate e urlate da Gianmarco Mercati (che è anche il carismatico autore dei testi) spinte, catalizzate, a tratti quasi sommerse, da un notevole attacco sonoro bellicoso e solenne, mutevole ma tendenzialmente granitico, scuro, fumigante, acre come il clima stragista, complottista, omertoso spesso evocato dalle liriche.
È una raccolta complessa e potente, Io ricordo con rabbia, cui accostarsi a più riprese perché sono tanti, suggestivi e importanti i temi e le sensazioni che suscita. PU/A/C/S/ l´11 settembre è quello del 1973, del golpe di Pinochet, e delle canzoni di Victor Jara che comunque continuano a volare alto. Citano - riveduto e coretto - il Dylan più romantico di Sad-Eyed Lady of the Lowlands, ma lo inseriscono in un contesto che sembra più affine a una Terra desolata eliotiana che a una soave canzone d´amore. Disco importante, non per tutte le stagioni, che sicuramente non lascia indifferenti.
Beppe Montresor
(data: 09.12.11)
PANOPTICON - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Disponibile nei negozi a partire dal 25 Novembre, Io ricordo con rabbia, disco pubblicato per l'etichetta indipendente Manzanilla MusicaDischi, rappresenta la terza prova sulla lunga distanza del collettivo veronese denominato Ultimo Attuale Corpo Sonoro e segue di quasi due anni il precedente Memorie e violenza di Sant'Isabella (2009), album grazie al quale questi ragazzi erano già riusciti ad attirare l'attenzione di più di un addetto ai lavori. Un progetto estremamente interessante e ambizioso questo degli UACS, formazione che per sua stessa ammissione si propone di coniugare l'epico e suggestivo post rock dei Godspeed You! Black Emperor a testi sentiti e taglienti, risultato di una ricerca stilistica dietro la quale è possibile scorgere l'enorme influenza esercitata dall'inquieto e magniloquente songwriting di un mostro sacro come Giovanni Lindo Ferretti. Se il robusto muro sonoro eretto da Fabio Ridolfi (batteria), Marcello Marchiotto (basso), Giacomo Zorzan (chitarre) e Matteo Sorio (chitarre, pianoforte, violino, percussioni) appare assolutamente impeccabile, tra deflagrazioni di chitarre e ritmiche incalzanti, valore aggiunto di questo lavoro sono senza dubbio le parole di Gianmarco Mercati, declamate con una ferocia pari a quella del primo Cristiano Godano. Le storie narrate molto spesso non sono altro che il resoconto di tragici episodi di cronaca, nazionale e non solo, dai trent'anni di Ustica all'uccisione per mano della camorra del giornalista Giancarlo Siani, istantanee di una società solo apparentemente democratica e nella quale il più debole finisce molto spesso con l'essere una semplice pedina all'interno di un gioco troppo grande e complesso per lui. La scrittura è costruita intorno ad una licenza poetica di intransigenza violenta che è pensata con particolare riferimento alla poesia di F.G. Lorca, ma anche Pier Paolo Pasolini, Nazim Hikmet e Arthur Rimbaud, tre figure di intellettuali che diventano lo specchio sovversivo e scandaloso di un degrado devastante. Che i Massimo Volume abbiano finalmente trovato i loro degni eredi?
Alessio Dainelli
(data: 09.12.11)
IL CIBICIDA - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Poco più d’un anno fa, la televisione di Stato italiana mandava in onda una trasmissione di grande successo sulla terza rete. Da quella trasmissione mutuiamo, in via del tutto eccezionale e soltanto per poche righe, il fortunatissimo format. Segue un brevissimo elenco (dunque: assolutamente parziale) di critiche che, con ogni probabilità, troverete mosse più che soventemente agli Ultimo Attuale Corpo Sonoro. 1) Sono la brutta copia dei Massimo Volume. 2) Sono la brutta copia dei CCCP/CSI. 3) Sono la brutta copia dei Massimo Volume, dei CCCP/CSI e, già che ci siamo, anche degli Offlaga Disco Pax (estremamente chiaro il più che carente principio identificativo). 4) Sono tremendamente spocchiosi, monocorde, prevedibili. 5) Ma di questo disco che gliene importa alla gente comune, semplice, che lavora? A un povero bracciante lucano, a un pastore abruzzese, a una modesta casalinga di Treviso? Che gliene importa di queste tematiche intellettualistiche, solitarie, masturbatorie? Per l’appunto: meglio riderci su. Perché al di là di evidenti, illustrissimi rimandi, confinare il terzo lavoro del collettivo veronese ad un simile depauperamento strutturale è atto ingrato e dissennato. Non funziona, pertanto, il delegittimatorio giochino dei rimandi, tranquillamente estendibile da Fausto Rossi agli Afterhours, dagli Starfuckers/Sinistri al Santo Niente, dai Madrigali Magri ai Fluxus. E questo, naturalmente, volendo limitare il campionario al territorio nazionale. Non funziona, dicevamo, il delegittimatorio giochino dei rimandi: perché Io ricordo con rabbia è una lama ben affilata che penetra nella carne di chi ascolta, un’opera che quasi disconosce decrementi tensivi. Trascorsi due anni dal predecessore Memorie e Violenze di Sant’Isabella, il quintetto Mercati-Sorio-Zorzan-Marchiotto-Ridolfi converge verso sonorità più feroci, composizioni più brevi, solchi maggiormente profondi e meno dilatati. “Canzoni civili in un tempo di battaglia a bassa intensità”, come le definiscono i nostri, canzoni che tracciano un cammino comune tra la strage di Ustica (Flight data recorder) e l’assassinio di Giancarlo Siani (Fortàpasc), tra il golpe che condusse al potere Pinochet ed alla morte il cantautore cileno Victor Jara (Undici Settembre Millenovecentosettantatré) e i bombardamenti in Libano datati 13 agosto 2006 (Non tacciano i canti, La ballata di Itamar). Canzoni che saccheggiano garbatamente la bellezza di Henry Miller (Della tua bocca), Erri De Luca (Non ora, non qui), Marc Augé (Casablanca) e Jean-Claude Izzo (Mio sole dei morenti). Canzoni che si fregiano delle ottime liriche di Gianmarco Mercati, il quale ha l’enorme pregio di arricchire e render propri riferimenti molteplici senza mai capitombolare nell’altrui referenzialità o nel mero cronachismo. Canzoni cui arrangiamenti completano una struttura egregiamente autoportante, che trova forse il proprio precedente in un episodio principe: “Stanze”, dei già citati Massimo Volume, anno 1993. Qualche camaleontico retaggio persiste, dunque; ben lungi, in ogni caso, dallo scalfire una solida opinione. Sarà sempre preferibile un numero n di Ultimo Attuale Corpo Sonoro che una qualsiasi marmaglia di imbecilli ululanti, o pseudo cantastorie narcoticamente irradiati da un’aurea santità citazionistico-onananistica. Diremo che n, ad occhio e croce, tende a più infinito. E diremo che bisogna ricordare con rabbia, sempre. Ma non stavolta.
Michele Leonardi
(data: 09.12.11)
404 - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Descrivere un artista con le sue stesse parole, pur riferite a altro, è un’operazione corretta?
Per parlare di Io ricordo con Rabbia (Manzanilla, 2011) vorrei proprio partire da una frase di Empirismo Eretico, in cui si dice che i lineamenti del viso di Pasolini, irriconoscibili, massacrati, straziati sono forse stati la più grande accusa mai mossa – e «questo è urlato, è urlato, è urlato come si urla una bestemmia e come se questa bestemmia fosse la bestemmia d’Italia» (Empirismo Eretico).
È proprio da questo urlo che sembra nascere Io ricordo con rabbia.
E non solo perché dal punto di vista musicale il terzo lavoro della band veronese si allinea con Empirismo eretico più che con altri – riusciti – episodi di Memorie e Violenze di Sant’Isabella (2009), ma forse ancora più dal punto di vista ideale. Io ricordo con rabbia è prima di tutto un monito, un’accusa.
Non è il titolo, non è neanche l’omonima traccia, è la frase che si urla, si ripete, si scrive nelle mente di chi sta ascoltando e sulle spalle di chi si volta altrove. Io ricordo e farò ricordare, io mi continuo a indignare, io so cosa è stato e non tacerò – quasi un io so, ma non ho le prove. L’intero lavoro è frutto di un percorso di recupero memoriale, di sottrazione all’oblio delle tragedie senza nessuna intenzione consolatoria – il passato non è affatto passato, è attuale, è il presente che non vogliamo vedere e che releghiamo a margine, come la favola cattiva che non lascia dormire, come il cuscino scomodo della nostra coscienza collettiva.
Ed è in questo senso che gli UACS hanno compiuto un passo rispetto al precedente album. In Memorie e Violenze di Sant’Isabella si lavorava su fonti che – pur nel loro valore universale – erano prettamente letterarie: Pasolini, Hikmet, Rimbaud. Il loro uscire fuori dall’opera letteraria era palese, eppure erano come statici nella loro statura culturale – ci tendevano la mano, si sporgevano verso di noi e ci parlavano, ma non riuscivamo a vederli in volto, non distinguevamo i lineamenti dalle loro parole. I protagonisti di Io ricordo con rabbia ci strattonano, vogliono la nostra attenzione, urlano perché ci voltiamo a sentirli: questa è la bestemmia d’Italia, del mondo, dei figli dimenticati.
Si parla di Victor Hara e Allende (Undici settembre millenovecentosettantatre), si canta La ballata di Itamar e di Ustica (Flight Data Recorder), della P2 e di Giancarlo Siani (Fortapàsc), se ne parla con rabbia, memori che questo è stato e ancora è; non è storia, se non nell’accezione più vicina alla nostra autopsia morale.
E un’autopsia che non ha niente di retorico o eroico, quella che si racconta è, per dirla con le parole del Miller di Della tua bocca «una virtù meramente negativa, una debolezza che fioriva alla sola vista della miseria umana. Non ho mai aiutato nessuno aspettandomi che ciò gli facesse del bene; lo aiutavo perché non ero capace di fare altrimenti.». La banalità del male – e la necessità del bene, come unica forma di azione possibile. Proprio il Miller, di cui si canta in una nella terza traccia l’incipit di Tropico del Capricorno, è l’esempio di questa etica, con la sua comprensione per chi sbaglia, ma che non lo spinge a agire e che pure lui stesso non può sopprimere. Lo è anche Giancarlo Siani, «Giancarlo non era un eroe, ma un giornalista», giornalista obbligato a diventare eroe e martire.
Necessariamente eroi, necessariamente testimoni: così la memoria diviene vera memoria nel momento in cui si riesce ad avere attinenza con il proprio presente, qui e ora – una ricerca storica che ha l’obbligo etico di essere costruttiva per il nostro presente e per le generazioni future. Questo è il testimone che raccolgono gli Ultimo Attuale Corpo Sonoro e che riversano in 12 tracce: un album compatto, come un lungo flusso di parole e musica, dalle sonorità che sviluppano e perfezionano quelle già ascoltate in Memoria e Violenze – incontri tra GY!BE e CCCP, tra Offlaga e Massimo Volume.
Un album da ascoltare, da e per ricordare.
Sara Marzullo
(data: 09.12.11)
ALIAS IL MANIFESTO' - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
(...)Sulla stessa onda, o quasi, anche gli Ultimo Attuale Corpo Sonoro che tornano con Io ricordo con rabbia (Manzanilla/Audioglobe), crescendo post rock e un'anima che guarda ai Csi, per un lavoro, in uscita il 25 novembre, che conferma la formazione veneta tra le migliori della scena italica.(...)
Brian Morden (data: 14.11.11)
SENTIREASCOLTARE' - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla/Audioglobe, 2011)
Gestire testi rabbiosi, declamati e catartici su un'estetica che inevitabilmente richiama l'asse Massimo Volume / Offlaga Disco Pax non è impresa facile: il rischio è di sfociare nella retorica più oltranzista e banale, come di foraggiare, musicalmente parlando, un senso di déjà vu che non può portare a nulla di buono. Per questo la scrittura diventa, ancor più nel caso degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro, momento fondante: un soppesare i toni, un dosare l'intensità, un reggersi in bilico tra musica e parole che renda il tutto credibile e, soprattutto, condivisibile. Oltre la facile invettiva politica e alla ricerca di storie rubate alla memoria collettiva.
L'esempio da seguire è quello della Empirismo eretico dedicata a Pier Paolo Pasolini nel disco d'esordio Memorie e violenze di Sant'Isabella, brano di cui Io ricordo con rabbia sembra idealmente lo sviluppo. Chiudere il cerchio – o per meglio dire ampliarlo progressivamente - con un pugno di brani al solito schierati e toccanti in cui all'imperialismo e al terrorismo di stato (la Flight Data Recorder dedicata alla tragedia di Ustica, una Undici settembre millenovecentosettantatrè ispirata dalla parabola di Salvador Allende e del musicista Victor Jara) si mescolano vittime predestinate (una Fortapàsc che ripercorre l'omicidio del giornalista Giancarlo Siani), ma anche riferimenti palesi a personaggi politici di primo piano (Tessera P2# 1816).
Violenza (emotiva) e verità urlate, vicende tragiche e “oscure” da riportare a galla. Per farlo il gruppo sceglie la strada più immediata e intrigante: accelerare il post-rock etereo e stratificato che regolava il disco precedente in una copula urticante ai confini col noise in stile Godspeed You! Black Emperor. Con certi crescendo fulminanti di chitarra elettrica, basso, tastiere e batteria che si dimostrano una spalla perfetta per i testi poetici di Gianmarco Mercati, questi ultimi quasi sommersi dal flusso empatico che si sviluppa con il trascorrere dei minuti.
Le retorica, dicevamo: per ora gli Ultimo Attuale Corpo Sonoro dimostrano di saperla arginare con un disco riuscito e all'altezza del già ottimo esordio. Quanto ancora un approccio di questo genere possa funzionare senza suonare autoreferenziale - il pattern stilistico in fondo non cambia di molto, è la potenza evocativa dei brani a far la differenza - non è dato saperlo.
Fabrizio Zampighi (data: 14.11.11)
IL FATTO QUOTIDIANO' - Ultimo attuale corpo sonoro: "Io ricordo con rabbia" (Manzanilla, 2011)
Cd in Uscita - IO RICORDO CON RABBIA - Ultimo Attuale Corpo Sonoro (Manzanilla)
"Appello ai nostalgici di Cccp e C.s.i. (e del Ferretti non ancora convertito, con tutto il rispetto per le sue scelte): questa band della provincia di Verona ha tutte le carte in regola per diventare il caso dell'anno. La contrapposizione (azzeccata) tra l'invettiva dei testi recitati e la delicatezza del pianoforte di "Casablanca" e "L'impero del male" porta l'ascoltatore ad un livello più alto. "Non ora, non qui" è autentica meraviglia, il suono si ispira all'energia degli Editors e dei Radiohead di "Ok Computer" e al pathos dei Joy Division, ma con il latente fantasma esplosivo Godspeed You! Black Emperor. Ogni brano è esaltazione della coscienza civile, in ricordo di tutte le oppressioni. Senza troppa retorica, è un disco-racconto-energetico di denuncia che appassionerà chi ha amato Pasolini." (data: 13.10.11)
ALIAS MANIFESTO - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
La provincia veronese è il luogo di nascita di questa formazione che giunge al suo secondo disco. Il lavoro in questione incastra i propri suoni tra citazioni delle storie di Pasolini (Ultima lettera al 1975) e rimembranze sonore che riportano indietro agli anni Novanta del Consorzio Suonatori Indipendenti e alle storie de Il Manifesto cd. Suoni oscuri, notturni e decisamente evocativi quelli dell’Ultimo Attuale Corpo Sonoro. Tra una voce a metà tra canto e spoken word, chitarre di sapore nordeuropeo e melodie avvolgenti al limite del languore. In mezzo, stridenti e dissonanti, liriche pregne di contenuti sociali. Davvero interessanti. Unico neo, la brevità.
g.di.
Dicembre 2009 (data: 03.03.10)
VITAMINIC - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Il concetto di pop “colto” è stato interpretato in mille modi diversi. Limitandoci ai gruppi italiani che tentano la commistione tra musica e letteratura, c’è un abisso di estetiche e visioni del mondo tra – per dire – Bachi Da Pietra, Offlaga Disco Pax, e i veronesi UACS. Questi ultimi danno un valido contributo alla causa con chitarre elettriche dal sapore post, un’impronta cantautorale che ricorda i CSI di Linea Gotica, e una voce iraconda che non si nega né il canto né il pamphlet.
Nonostante la “montagna di parole”, la musica scorre abbastanza fluida, cercando di tenere insieme la storia più nera della Prima Repubblica italiana, lo stragismo, e le figure maudit di Pasolini, Rimbaud, Kerouac. Un progetto imponente dal punto di vista concettuale e parecchio ambizioso, che a tratti si perde tra i feeback, la verbosità e la sentita indignazione. Memorie e violenze di Sant’Isabella resta un buon disco, ma volendo fare l’avvocato del diavolo, dirò che rischia di parlare solo a chi è già d’accordo con i suoi presupposti. Quindi o siete informati sui fatti, cosicchè il patchwork di citazioni vi sfrigolerà nello stomaco, oppure non sapete nulla (male!), e il progetto rischia di passare per pretenzioso e fuori fuoco. Sarebbe un peccato.
Simone Varriale
Settembre 2009 (data: 03.03.10)
ROCKSTAR - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Se vi mancano i C.S.I.e i Massimo Volume o amate le sonorità cupe e sperimentali dei Godspeed You! Black Emperor, provate ad avvicinarvi a “Memorie e violenze di Sant’Isabella” (Manzanilla), secondo disco di U/A/C/S, ovvero Ultimo Attuale Corpo Sonoro. 50 anni di storia d’Italia, tra stragi e omicidi, riferimenti politici e sociali, richiami a Pasolini: da ascoltare attentamente per cogliere tutte le parole ed apprezzare le sonorità crepuscolari o cariche di tensione. Tra i brani migliori: “Empirismo eretico” e “Le ceneri dell’Idroscalo”. (data: 03.03.10)
XL di Repubblica (03.06.09) - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Gioca brutti scherzi la memoria. Perchè quando perde di vista i contorni delle cose, tende a mitizzare ciò che è stato, a ingigantire fatti e persone, a trasformare immediatamente il passato in Storia.
Ma la memoria è anche uno dei pochi strumenti per comprendere a fondo il presente. Occorre imparare a ricordare. Nel secondo lavorodi Ultimo Attuale Corpo Sonoro, l'esercizio prende forma attorno all'omicidio di Pier Paolo Pasolini all'Idroscalo di Ostia, all'esilio a Varna, sul Bosforo, di Nazim Hikmet e alle vicende biografiche di Arthur Rimbaud rivisitate dalla penna da Jack Kerouac.
Poeti che per il quartetto della provincia veronese hanno inseguito un sogno di purezza e di libertà dagli steccati imposti dalle ideologie.
Il risultato è un disco che i quattro definiscono di "intransigenza violenta", ovvero che non chiede sconti, pretende di essere ascoltato con tutti i sensi allertati, incapaca di fare da sottofondo.
Melodie che nascono per assecondare i testi di Gianmarco Mercati, più vicini alla densità dela poesia che alla parola della musica.
Liriche che si attorcigliano attorno a una voce che le sussurra o che le semina sul tessuto musicale alla maniera di Max Collini degli Offlaga Disco Pax.
L'orizzonte sonoro è il continuo gioco di dinamiche vuoto/pieno degli arrangiamenti del post-rock americano, soprattutto quello dell'etichetta Constellation.
Un disco che guarda al passato per parlare del presente.
Per ricordarsi di ricordare. Mauro Petruzziello
(data: 31.12.09)
AUDIODROME - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Il gruppo si forma nella provincia di Verona intorno al 2003 e giunge quest’anno al primo full length. Per quanto riguarda la musica, ci troviamo dalle parti di Godspeed You! Black Emperor et similia (in qualche frangente sembra di sentire anche i Mono), come messo subito in chiaro dai ragazzi stessi, senza tanti giri di parole. Non si tratta però di un progetto solo strumentale, perché sulla base post-rock poggiano i testi scritti da Gianmarco Mercati, che a seconda delle situazioni adotta un’interpretazione vicina allo spoken word oppure canta secondo modalità che possono ricordare Ferretti, ma a volte – con le dovute proporzioni - anche Francesco Di Giacomo del Banco Del Mutuo Soccorso. Sant’Isabella nel disco è Isabelle, la sorella di Rimbaud, colei che lo assiste dopo che è tornato dall’Africa con un’infezione mortale alla gamba. La traccia a lei dedicata chiude l’album e il cerchio, dato che nel booklet, a commento del suo testo, leggiamo una frase di Pasolini, nella quale dice che l’antifascismo è nato in lui dalla lettura del poeta-bambino. Pasolini, infatti, è la prima figura che incontriamo qui, vastissima e non sempre lineare, così come quella del “veggente” francese, con la quale ha in comune – al di là di tutto - la capacità di scuotere la coscienza, di far pensare. È proprio la scossa dell’antifascismo, il desiderio di esser voce libera, che fa rientrare nel disco anche Hikmet, il poeta turco che fu tra i pochi a denunciare la tragedia armena. Quando il classicissimo passaggio in crescendo da vuoto a pieno del post-rock giunge al culmine, è Mercati che dà quel tocco in più, donando personalità a Memorie E Violenze Di Sant’Isabella, un lavoro denso di suggestioni letterarie, civili e politiche. Fabrizio Garau
(data: 27.11.09)
LA SCENA - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Lavoro ambizioso e al contempo prezioso questo dell’Ultimo Attuale Corpo Sonoro, dedicato a tre grandi poeti: Pier Paolo Pasolini, il turco Nazim Hikmet e Arthur Rimbaud. “Memorie e violenze di Sant’Isabella” ha il piglio di un’opera letteraria e rappresenta un omaggio non soltanto ai tre poeti, ma soprattutto alla vita senza compromessi e alla voglia di gridare il proprio sdegno. È la disperazione di un amore impossibilitato a vivere per colpa dei regimi politici; è l’epicità della vita ed uno sguardo su di essa.
Un’opera che va ascoltata con molta dedizione e con la necessaria concentrazione, a partire dal grido pasoliniano "io lo so ma non ho le prove", riguardo le stragi di Stato degli anni ’70, fino all’omaggio di Kerouac al poeta maledetto francese, passando per le peripezie di Hikmet.
Il disco della band veneta è un vero e proprio viaggio all’interno del nostro Dna culturale, di occidentali, mai proni e sempre pronti a mettere in discussione qualunque forma di governo. È insomma pura anarchia, nella sua vera essenza.
Musicalmente si potrebbero fare tanti riferimenti all’asse Cccp/Csi/Offlaga Disco Pax. Ma non sarebbe giusto. Sarebbe un po’ come sminuire un grande disco italiano che libra nei nostri cuori. Vittorio Lannutti
Articolo su lascena.it (data: 15.09.09)
ROCKIT - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Tre poeti emarginati dalla società, misfatti irrisolti dal '15-'18 agli anni 50, denunce e chiamate alla sollevazione per non dimenticare. Il tutto tenuto assieme da un pseudo post rock (pseudo perchè loro non ci si riconoscono) fatto di basi elettroniche e un cantato/parlato che ricorda tanto la linea (a cui esser fedeli, sempre) emiliana dai C.S.I agli Offlaga di oggi. Con una serie di grandissimi rischi: il grado di saturazione dell'ascoltatore a certi temi, il fastidio dello stesso a dover anche leggere 14 pagine di booklet esplicativo, la pericolosità dello scrivere nella stessa pagine parole che suonano come grandi ideali mancati. O mai esistiti: la democrazia, questa grande sconosciuta. O il progressismo, l'anticlericalismo, la resistenza, l'avanguardismo.
Il disco degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro non è una robetta. E' un lavoro complesso, che va quasi studiato per capirlo a fondo. E' una struttura a trittico: i primi tre brani sono incentrati sulla figura di Pier Paolo Pasolini, con l'idroscalo di Ostia che ritorna ossessivamente mettendo in primo piano una morte tragica, e su cui non si è fatta ancora luce. Ci sono forti momenti di pathos, una violenza urlata supportata dal giusto incalzare della musica, che si presta alla raffigurazione della scena. Altre tre tracce sono invece dedicate a Nazim Hikmet, poeta turco che ha regalato più di vent'anni della sua vita al carcere, dove finì per colpa della sua attività di "cospiratore" anti-nazista e di denunciatore dei massacri contro gli armeni. E' la parte in cui emerge un'anima più melodica, inquadrabile in una forma vagamente riconoscibile e tradizionale. L'ultima canzone parla, infine, della figura del francese Arthur Rimbaud, uno dei poeti maledetti con la vita forse più complicata e, anche qui, finita in malo modo. Jack Kerouac ne aveva romanzato la biografia, ed il titolo è un tributo anche al decano della beat generation.
Difficile tenere slegato il commento tecnico, musicale, da quello più viscerale dettato dai contenuti e dai testi. La direzione è giusta, si inserisce in un panorama in cui questi quattro ragazzi veronesi sono degli alieni. Riflettiamo: quante sono le band che cantano la denuncia? Quante quelle che evitano di parlare di amori complicati o vicende vagamente riferibili alla sfera personale? Ben poche, e qualcuno che ci faccia riflettere senza scadere nello stile combat che, alla lunga, ha ormai esaurito ogni tipo di interesse, serve eccome. Il punto è che in questo disco vanno a cercare in un passato troppo remoto, e la frustrazione è tanta quando ci si vede scorrere davanti la storia di oggi e si prova impotenza. Bene ripescare vicende di cui nessuno parla più: Ustica, la P2, gli anni della Dc. Però delle violenze di oggi che ne facciamo? La musica, inoltre, sembra sì creare dei momenti ad alta tensione, molto coinvolgenti, ma su disco è chiaro che tanti pezzi tutti molto seri e sulla stessa lunghezza d'onda non riescono a reggere. E mettono chi ascolta nella condizione di poter skippare avanti senza provare grossi rimorsi.
Dovranno trovare la loro strada, imboccare la via giusta per comunicare quello che hanno a dire, che ci riguarda tutti e che dovremmo cominciare tutti a sottoscrivere e amplificare, in un modo più asciutto, diretto e fruibile. Sono un po' un diamante grezzo da lavorare: speriamo che dalle parole passino presto ai fatti. Sara Scheggia
Articolo su rockit.it (data: 20.07.09)
ROCKIT - Intervista Ultimo Attuale Corpo Sonoro
Lo avevamo previsto: di loro se ne parlerà. Perché hanno fatto un disco che invece di raccontare i propri cazzi, cerca di riportare l'attenzione su quelli che dovrebbero riguardarci tutti da vicino. Il rischio è di guardare troppo al passato e prodursi in esercizi letterari che alla lunga perdono senso. La memoria, la prima guerra mondiale, Pasolini, l'intransigenza, Ferretti e i CSI: un lungo e interessante scambio di vedute con Gianmarco Mercati, voce degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro. Con spari a zero sul "vorrei ma non posso" dell'indie nazionale - Dente e Vasco Brondi in cima alla lista - e su un riflusso che dura da troppo tempo. L'intervista di Sara Scheggia.
Domanda di rito: qualche informazione su di voi.
Gianmarco, Fabio, Marcello, Giacomo: voce, basso, chitarra, batteria. Suoniamo insieme da sempre, cioè da quando ci siamo conosciuti a 15 anni. Abbiamo maturato insieme la passione per un certo tipo di musica e, sorvolando su certe incomprensioni, ci siamo uniti ancora di più e portiamo avanti un progetto stabile. Siamo di Verona, di un quartiere dormitorio poco fuori del centro. Non riusciamo a vivere di musica, come non ci riesce la maggior parte dei musicisti indipendenti in Italia, e non facciamo i turnisti. Del resto, "fare bene le cose è l'ultima linea di resistenza", come diceva Elio Petri.
Qualche anno fa avete realizzato una compilation e da lì avete mosso i primi passi. Com'è andata?
Nel 2004 abbiamo realizzato un Ep incentrato sulle poesie di Garcia Lorca, da "Poeta en Nueva York". Abbiamo ricevuto un buon riscontro, riuscendo a vincere qualche concorso e a suonare in giro per il centro nord. Poi un'etichetta ci ha segnalati al Mei, e abbiamo ottenuto il riconoscimento di proposta più originale del 2004. Tutto abbastanza inaspettato. Poi abbiamo capito che per avere un buon rapporto con un'etichetta bisogna avere un rapporto umano intenso alla base, quello che abbiamo ora con la Manzanilla Records di Verona, di cui conosciamo intimamente i promotori.
Prima di "Memorie e Violenze di Sant'Isabella", c'è stato un altro disco.
Sì, abbiamo partecipato ad un progetto tra musica e letteratura, con un disco allegato, "L'Altrove". Abbiamo registrato appositamente un inedito scegliendo delle poesie di Pasolini, e accostando lui a Ferretti. Che poi è lo stesso tipo di progetto che sta portando avanti Ferretti stesso, affrontando le tematiche dell'Appennino di Pasolini, in musica.
Giovanni Lindo Ferretti. La sua conversione è ormai un caso. Qual è il vostro giudizio?
Trovo che quello che scrive e pensa Ferretti sia di una coerenza micidiale. Piaccia o non piaccia, è una persona con cui si può discutere, e se ne avessi l'occasione abbasserei le orecchie e non riuscirei a spiccicare due parole in fila. Le sue tesi filo-ratzingeriane sono vicine a quelle di Battiato, tanto per scomodare un altro mostro sacro. Entrambi sono contrari alle schitarrate in chiesa e favorevoli alla messa in latino. Ho visto Ferretti anche a "8 e mezzo", mi è piaciuto molto: non è il pauperismo anni 70, "molto hippy", ma un'attitudine punk, intransigente, che oggi manca a molti artisti italiani. E' una questione di coerenza di pensiero. E io non sono nemmeno battezzato, figurati.
Sono casi che spaccano fan e addetti ai lavori: c'è chi sostiene fino alla morte, chi rinnega e accusa.
Ferretti avrebbe potuto benissimo portare avanti dei progetti da centro sociale, o partecipare alle feste dell'Unità, e staccarsene è un'azione coerente, oltranzista e molto punk. Avrebbe fatto comodo a molti dei suoi, da Maroccolo a Canali, e a lui stesso. Lui però è contro e il fatto che faccia certe scelte, anche se il grande pubblico non apprezza, resta un grande merito.
"Memorie e Violenze di Sant'isabella". C'è tanta letteratura, e tre poeti. Tutti emarginati dalla società per ragioni diverse. Da dove viene l'idea?
C'è un booklet sostanzioso nel disco che spiega le tre figure: rappresentano l'esule in patria, Pasolini, l'esule all'estero, Hikmet, e l'esule da se stesso, Rimbaud. E' una specie di concept album, anche se l'espressione è obsoleta e inflazionata dall'uso che se ne faceva col progressive italiano. Però dietro c'è un percorso preciso, di disillusione: l'esule in patria che insiste, l'esule all'estero che insiste con risvolti più o meno favorevoli, l'esule da sé che invece lascia tutto e si abbandona alla disillusione completa. L'idea parte da un'urgenza. Si va poi in sala prove, si lavora insieme, si riflette. Durante la registrazione e il missaggio, che ha curato per noi un caro amico, Alessandro Longo, ti risenti, fai delle limature, cambi i testi. Un po' come succede a tutte le band, ma qui forse il risultato più impegnato.
Tempo di gestazione?
Ci abbiamo messo 4 anni, con diverse pause, dettate anche dalle esigenze di ognuno, visto che l'ambito è estremamente indipendente. Tempi lunghi: un po' come i tempi della politica che non riescono ad andare dietro a quelli della storia. Più i temi sono difficili, più i tempi si dilatano.
Il nome, Ultimo Attuale Corpo Sonoro, è una citazione?
L'avevamo trovato quando avevamo 15 anni. E' un verso di "Mexico City Blues", di Kerouac. Ci è parso uno slogan aderente a quello che stavamo facendo, e probabilmente volevamo darci un tono diverso dalla tradizionale nomenclatura dei gruppi.
Ci sono i CSI, i Massimo Volume, gli Offlaga: al di là della tradizionale struttura canzone e con temi forti e impegnati. Vi ci ritrovate? Vi hanno influenzato?
Più che Offlaga, o i Massimo Volume, che io personalmente non ho mai ascoltato, direi i Godspeed You! Black Emperor, e i CSI, senza dubbio. Fin da giovani la linea è stata quella. I CSI, per la figura di Ferretti, l'idea di collettivo: certi loro dischi sono inarrivabili, punk continentale che nemmeno l'Europa aveva mai visto prima. Il fatto di essere slegati dalla forma canzone deriva anche dalla consapevolezza di essere in maniera anomala nel mondo indipendente: spesso l'indie viene inteso come anticamera per arrivare ad un successo futuro in ambito major, e per farlo devi legarti alla forma tradizionale. Se hai fortuna e hai i promoter giusti, puoi arrivare ad un livello successivo, un successo strettamente economico piuttosto che poetico e musicale. Noi facciamo uscire quello che spinge dalle viscere, ed è molto vicino a quello che avevano proposto i CSI prima e i PGR oggi.
Non sono molto d'accordo: vero che molti vanno alla ricerca delle major, ma la maggior parte sta bene dov'è.
Secondo me non sono cosi tanti a fare come Gabrielli, che lascia gli Afterhours e si dedica a progetti personali e ai Mariposa, forse un 2%. Anche a discapito di un riscontro a larga scala, il suo esempio è fenomenale, ma sono casi sporadici. Sono molto più indipendenti alcuni gruppi metal, un po' come i calciatori che sanno che non sfonderanno mai ma giocano sempre con la stessa passione. Parlo a titolo personale: i gruppi indipendenti veri e propri sono pochi. Gli Afterhours, i Marlene, i PGR …lo sono ancora. E non sto qui a fare nomi, non perché non voglia puntare il dito, ma perché davvero molti gruppi non li considero affatto indie.
Questione di attitudine o solo di mezzi?
Direi che è l'attitudine che fa la differenza. Capossela è indipendente, nonostante riesca a riempire i teatri e abbia una vasta gamma di pubblico. E forse a lungo andare la situazione paga: questi gruppi rimangono in piedi. L'oltranzismo paga a lungo termine, ma nei gruppi giovani faccio fatica a ritrovarlo.
Apro il booklet e mi trovo in mano quasi un libretto di un'opera lirica. La prima sensazione è quella di essere l'ascoltatore che deve essere formato, ed è irritante. Poi la frustrazione aumenta: fatti di 100, 50 anni fa. Oggi, però, succedono cose gravissime e su cui è difficile leggere critiche trasversali. Possibile che non ci sia una figura attuale, da paragonare ai vari Pasolini o Calvino? Possibile che non si riesca a parlare dell'oggi?
Ci sono alcuni giornalisti, per esempio, che mi piacciono, ma non trovo una figura simile. Il punto è che le cose di decenni fa le riscontriamo anche oggi: ci sono casi ancora aperti e bisogna avere il coraggio di continuare a parlarne. Non è didascalico, ma un'urgenza personale. Avere memoria in prospettiva di una violenza odierna e quotidiana. Negli "Scritti Corsari" di Pasolini ci sono cose che oggi si manifestano all'ennesima potenza e che lui aveva previsto alla fine degli anni 60. E' la Bibbia del postmodernismo, e pochi se ne sono accorti. La P2, Calabresi, Piazza Fontana: sono questioni irrisolte, che hanno bisogno di essere sviscerate oggi per arrivare ad un giudizio condiviso e ad una condanna. Ma non ne se parla, e se lo fai ti prendono per passatista o revisionista. Non è il gusto di rompere i coglioni da tipo appassionato da centro sociale, non sono le nuove Br come le etichettano i giornali: sono che cose che ti commuovono, perché le senti anche oggi. Noi ci siamo documentati, e queste sono le nostre reazioni.
Ok. Ma il libretto è pieno di parolone e grandi ideali, che rischiano di rimanere vuoti: democrazia-anarchia-borghesia-resistenza. Poi, la Grande Guerra, gli interventisti. C'è modo e modo di comunicare il messaggio, e il vostro sembra mettere delle barriere, anche culturali. Rischia di essere la solita menata sulla memoria: forse bisogna anche far ritornare a galla quella degli ultimi anni.
Parlare del passato ha un senso secondo me, e non si tratta di una memoria polverosa e vecchia. Anche l'esempio di poeti come Ungaretti idolatrati come eroi anti violenza, ma inizialmente favorevoli all'intervento in guerra, è da intendere in chiave attuale. A mio avviso porta l'ascoltatore a toccare personaggi diversi e a fare un percorso all'indietro. Parlare di quello che accade oggi è importante, forse nella registrazione non ce ne siamo resi conto. Tu hai ragione, ma stiamo scrivendo altre canzoni che toccano temi come il 1994: vorrei intitolarne una "Tessera P2 numero 625", per dire che il presidente del consiglio ne è invischiato fino al midollo. Un'altra parlerà dell'attacco israeliano in Libano. In questo disco siamo partiti da lontano, il prossimo sarà più attuale. Sta anche nelle dinamiche di un gruppo trovare la propria strada, questo è stato il nostro percorso, partito dal poeta latino sensibile e frocio nella metropoli newyorkese.
In effetti i gruppi che denunciano l'oggi sono davvero pochi. Si preferiscono forse temi personali, più eterei, piuttosto che chiedersi dove viviamo.
Se ne conosci dimmeli che li contatto. Per esempio: ascolto la compilation del mondo indie italiano, "Il Paese è Reale", e mi cascano un po' le braccia. I Marta Sui Tubi mi sono sempre piaciuti molto, Dente… alla fine, però, parlano sempre delle stesse cose, dei cazzi loro. Lo stesso Benvegnù, che consideriamo il migliore cantautore italiano, parla dei cazzi suoi. E va benissimo, ma se questo è il mondo indie, allora non è indie per un cazzo, è un indie "vorrei ma non posso". Lo stesso Vasco Brondi… l'ho visto a teatro ed è stato molto emozionante, è una scrittura ruvida, viscerale, ma non ci trovo quell'istinto primordiale da CCCP, quella svolta oltranzista da punk continentale, non californiano. Non parlo di gruppi indie che cantano in inglese, ma di quelli che cantano in italiano e provano a portare avanti un messaggio diverso… parlano sempre delle stesse cose. Noi cerchiamo di farlo, nel booklet è spiegato questo.
Insisto. E' spiegato male, ed è pesantissimo. Alla fine uno si sente anche autorizzato a mandarvi a fanculo.
Ehm… qui sono tutti d'accordo (risate degli altri membri in sottofondo, NdA). Comunque se riesci ad arrivare alla fine capisci anche che c'è una riconciliazione con l'attivismo quotidiano. Non metto in dubbio che possa essere pesante, ma è lo stesso motivo per cui apprezzo Ferretti o gruppi che evitano compromessi e sono pesanti non piacendo al pubblico. Il principio, poi, va sicuramente limato, reso più raggiungibile. Ci stiamo lavorando.
Ma questa roba qui dal vivo come diventa?
In studio, ogni canzone aveva circa 90 tracce di registrazione. Un filone che però non chiamerei post-rock, che è un'etichetta inflazionata e che non ci appartiene, ma musica sperimentale e strumentale, con un'idea di collettivo dietro. Dal vivo, ovviamente, siamo più viscerali, stiamo già facendo le canzoni nuove, con un set molto semplice chitarra basso batteria. Quello che abbiamo da dire lo sputiamo in faccia, siamo più diretti, e forse hai ragione: abbiamo bisogno di trovare una via per arrivare direttamente alla gente, ma sul palco non ci tiriamo pippe strumentali e i nostri concerti non sono deserti. Il disco, forse, non è raggiungibile da tutti, è vero. Ma è per scostarsi da certi gruppi "impegnati", che per noi non lo sono affatto. Non facciamo "Contessa" (si riferisce ai Modena City Ramblers: una citazione fatta anche in seguito ad un interessante scambio di vedute sulla scena presunta combat folk italiana, purtroppo non c'è spazio a sufficienza per riportare l'intera discussione in questa intervista, NdA), ma Pasolini, e c'è anche chi si commuove. Forse è autoreferenzialità, ma credo sia il fare intellettualizzato con cui un ragazzo di 25 anni concepisce un'"opera d'arte".
Un'ultima domanda. C'è un disco che avete apprezzato, quest'anno?
Il bassista dice Dente (risate di tutti, NdA), e anche l'ultimo dei PGR. Io non so, non ascolto molte cose nuove, forse "Born To Run" di Springsteen, o "Le Labbra" di Benvegnù. Antony and the Johnsons, però, piace molto a tutti.
Sara Scheggia
Intervista su rockit.it (data: 29.06.09)
KRONIC - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
E’ solo (?) poesia
Potrebbe essere definita musica politica. Vorrebbe, forse. Ma in effetti, più che musica è poesia. Parole scandite con veemenza, che non possono non scuoterci dal torpore estivo. E poi, un misurato accompagnamento sonoro a sottolineare apici e baratri. Solo accompagnamento, perché sostanziale è la rilevanza della voce sulla strumentazione. Si parla, abbastanza a sproposito, di UACS come progetto post rock. Che, è vero, fa capolino nell’approccio minimalista e nel contrasto di chiaroscuri, ma in effetti non emerge mai a reale forma artistica, perché l’estrema severità della tavolozza sonora è surclassata dalla forza impetuosa della recitazione. E poi, poesia perché è proprio attraverso la rievocazione delle figure di tre poeti emarginati quali Pasolini, Hikmet e Rimbaud che la compagine veronese scava nell’animo umano, nelle sue speranze e nelle inevitabili contraddizioni che lo tormentano.
Appaiono, così, in sequenza rallentata, come in un film francese degli anni sessanta, immagini vivide e potenti degli avvenimenti più significativi della storia italica recente; le guerre, gli scontri anarchico-fascisti, i grandi delitti irrisolti. E poi, ancora, le grandi tematiche esistenziali; la morte, il carcere, la violenza efferata, sempre con il piglio rabbioso della denuncia e della ribellione. Opera articolata, che richiede più di un ascolto attento. Per ora, si sarà capito, decisamente meglio l’eloquio, comunque, rispetto alla ricerca armonica. Alberto Leone
Articolo su kronic.it (data: 28.06.09)
DEBASER - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
La parola forza possiede diverse accezioni. Può esser forza il vigore del corpo e delle sue membra, l'energia spirituale e la capacità di resistenza morale, l'efficienza e l'energia delle facolta intellettive. L'abuso di ognuno di questi significati può però portare all'ipertrofia della parola forza. Violenza.
Bisogna evitare di associare alla parola violenza solo carattere negativo. La sorprendente intensità con la quale un fenomeno è sviscerato e si manifesta agli altri è, in qualunque caso, atto di violenza. Le parole intrise di sangue pronunciate da Pier Paolo Pasolini sono state atto di violenza, la caducità e l'ineffabilità con la quale Nazim Hikmet scriveva e urlava versi d'amore, stretto in catene nelle prigioni di Varna, sono state atto di violenza, la spontanea analisi controcorrente di Arthur Rimbaud è stato atto di violenza. Parlare. La parola come unica arma contundente al sistema. Il sistema che risponde con altrettanta violenza intrisa nel sangue e nella repressione.
Il nuovo lavoro degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro parte proprio col riportare alla luce l'atto della morte di Pier Paolo Pasolini; sporcato in un paesaggio cupo e desolante, il corpo martoriato del poeta diventa sinonimo di violenza e di bestemmia, i tratti informi del suo viso, l'addome fratturato e le costole spezzate, ognuno a rappresentare una parte morta, divorata dal sangue, di quell'Italia immobile e stragista, "io so ma non ho le prove" ripetuto e urlato, in modo da riattuare quella stessa violenza cercata dalle parole pasoliniane, forse mai attuata fino in fondo, "aspetto e l'aspettare più invecchio più è cosa dolce, perchè meno rimane alla mia esistenza per soffrire, per lasciarsi aggiogare di nuovo dall'illusione del cambiamento".
Ritornare a cibare la memoria, madre unigenita della storia, attraverso la fredda analisi di "Ultima lettera al 1975" e "Le ceneri dell'Idroscalo", deturpare e condannare il silenzio e l'immobilità, lasciare fluire parole pesanti come macigni: "è la luce più attuale che mi si rende nemica".
Parole incanalate tra di loro che diventano monumenti alla poesia nella storia di Nazim Hikmet, il poeta turco condannato dall'impero dopo aver tentato di incitare l'esercito alla ribellione, "il mio fratello poeta sente le sue forze mancare, resiste con orgoglio", il dolore si acuisce di fronte ad un amore lontano che canta con voce urlata dell'esilio, "è impossibile dormire la notte a Varna, amore". Da qui ricollegarsi alla Francia di Rimbaud, dove poesia e rabbia si attorcigliano in un tessuto sonoro senza pause, "la rivoluzione rappresenta più la catastrofe che il nuovo ordine sociale".
Dalla prima all'ultima traccia il suono è denso, cupo e travolgente, si puo quasi toccar con mano. Isacco Nucleare
Articolo su debaser.it (data: 23.06.09)
JAM - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Reading e stralci musicali si alternano in quest'opera, sfumando l'uno nell'altro e raccontando particolari della nostra Italia, difficile e pigra, attraverso pensieri ed azioni di chi con essa ha ingaggiato una lotta, pretendendo un cambiamento.
Non un disco di canzoni quindi. non un album di arte fine a sè stessa. Ma parol ben soppesate e sostenute da anni di controcultura e di esistenza vissuta; musiche che guardano al post-rock per rallentare e trovare una propria dimensione nella quale tensione e rassegnazione sono opposti che coesistono, creando sensazioni dilanianti rotte dall'incazzatura più nera o troncate da gelide assenze di suoni.
Grande attenzione merita il booklet che fornisce una chiave di lettura per il lavoro: "Dev'essere inteso come una raccolta di momenti, di tratti di memoria, di intransigenza violenta. Di punti di partenza, di consapevolezza." E ancora: " E'la trasposizione in chiave attuale ed etremamente intima dell'esperienza di vita di Pier Paolo Pasolini, di Nazim Hikmet, di Arthur Rimbaud, di lampi che posseggono i doni più alti. Il dono dell'onestà, della dedizione al confronto, della capacità critica".
Riflessioni, dubbi, senzazioni arrivano in modo diretto lasciando che la mente si chiuda per riposare e riflettere. La musica aiuta le parole scndendole e colorandole di tinte bianconere. Meritano di essere nominati gli autori di questo "memorie e violenze di Sant'Isabella": Fabio Ridolfi (batteria), MArcello Marchiotto (basso), Giacomo Zorzan (chitarra), Gianmarco Mercati (voce e testi). Elisa Orlandotti
(data mancante) (data: 14.06.09)
SENTIREASCOLTARE - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Maanzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Memorie e violenze di Sant'Isabella ha l'impeto rivoluzionario del libero pensiero, la nobiltà d'animo dell'atto politico disinteressato, la commozione gracile di un amore sconfinato, lo spessore dell'opera letteraria, l'intensità catartica di un manifesto programmatico. Se i CCCP rappresentano la militanza, gli Offlaga Disco Pax si identificano nel ricordo nostalgico, i Massimo Volume definiscono la narrativa esistenziale, questi Ultimo Attuale Corpo Sonoro sono l'Italia che non c'è mai stata. Quella ferita a morte dalla politica stragista, messa a tacere da quarant'anni di governo democristiano, sterminata dalle trame piduiste e dai servizi segreti. La voce contro, insomma. Ma anche l'intellettuale senza legacci. Che è punto di osservazione, più che figura statica e personificata.
In un processo di identificazione in cui Pier Paolo Pasolini (Empirismo eretico, Ultima lettera al 1975, Le ceneri dell'idroscalo) diventa il poeta turco Nazim Hikmet (L'esilio del canto, I fantasmi del Bosforo, Impossibile dormire a Varna, amore) che diventa Arthur Rimbaud (Memorie e violenze di Sant'Isabella). Ognuno simbolo di libertà d'espressione e di critica contro il controllo sociale violento, metafora di indipendenza e analisi arguta del quotidiano orrore. Oltre i confini di una nazione, di una divisa politica, di un genere.
Spoken word e musica. Quest'ultima, a grandi linee, un post-rock etereo e immaginifico con qualche puntata verso autorialità solenni à la Giovanni Lindo Ferretti. Anche se l'aspetto meramente tecnico passa in secondo piano perché fondamentale è il continuum di musica e parole, il messaggio, l'interpretazione, non i dettagli sparsi. Un fascio di verità e poesia che non vuole essere razionalizzato. Non deve. E che rapisce.
Toccante, Memorie e violenze di Sant'Isabella. Ma anche lucido, necessario. In un momento in cui revisionismo e scarsa memoria storica sono la regola. A tal proposito scrive Gianmarco Mercati, voce e testi del gruppo: “Per tutto questo e in nome della scandalosa forza rivoluzionaria del passato, alzate i vostri canti ora. Perché dobbiamo trovare la forza di imparare tutto. Di nuovo”.
(7.4/10) Fabrizio Zampighi
Articolo su sentireascoltare.com (data: 14.06.09)
L'ISOLA CHE NON C'ERA (disco consigliato)- Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Provano a tirare il sasso per svegliare i polli nella gabbia e poi non si nascondono dietro al cespuglio gli Ultimo Attuale Corpo Sonoro. Memorie e violenze di Sant’Isabella, dicono nel libretto del disco, «è dedicato a chi nonostante il dramma non perde il senso profondo della responsabilità e la fiducia nel pensiero». La memoria, come la capacità di ricordare ciò che veramente è stato al di là di ideologie e corporazioni, e la violenza intellettuale-salvifica-apocalittica di tre poeti (Pasolini, Hikmet, Rimbaud) che nei due secoli scorsi denunciarono pagando da esuli – se non con la vita – il degrado socio-morale del tempo in cui vivevano. Il tutto in sette brani come sette bombe ad esplosione dilatata che coniugano l’a(nta)gonismo post-rock di marca Constellation (Godspeed You! Black Emperor su tutti) alla prevedibile parentela Sigur Ros e a quella decisamente meno scontata dei C.S.I., con testi declamati in discendenza Massimo Volume. Ingredienti di per loro saturi, ma che una volta uniti possono portare o a noie colossali o a divagazioni storico-poetiche-evocative dalla forza inarrestabile. Gli U.A.C.S., pur rischiando più volte lo sbadiglio, scelgono la seconda strada e inanellano uno dietro l’altro una serie di episodi in cui architetture sonore calibrate tanto perfettamente quanto classicamente (vuoti-pieni, climax) si uniscono ad un uso della parola solenne, che diverrebbe verboso se non risultasse assoluto nella sua potenza espansiva ed emozionale. La lacerante riflessione umano-politica sulla morte di Pasolini in Empirismo eretico, il salmodiare ferrettiano sul crepuscolo sgelato di Lettera al 1975 – un rosone di pietas lucente nella cattedrale buia e angusta della storia italiana degli ultimi quarant’anni – e la batteria riverberata in pianure larghe e annichilenti del rapimento sensoriale di Le ceneri dell’Idroscalo aprono e portano a metà percorso un lavoro che nella sua parte dedicata a Nazim Hikmet completa “Ko de Mondo” con il pezzo che mancava per eleggerlo a capolavoro (I fantasmi del Bosforo) e chiude in una fronda di feedback e bordoni assortiti la cavalcata mogwaiana della title-track dedicata a Rimbaud. Lavoro non immediato, di questi tempi terroristicamente fazioso (la faziosità di chi sta dalla parte “della critica totale, del rifiuto, della denuncia disperata e inutile”), ma in grado di riscrivere il significato di “canzone impegnata” nell’annus horribilis 2009. Ce lo porteremo tra i grandi alla fine di questi dodici mesi. Luca Baracchetti
Articolo su lisolachenoncera.it
(data mancante) (data: 02.06.09)
FUORI DAL MUCCHIO - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Quando si ha coraggio artistico ci si butta senza troppo pensare a dove si andrà a finire.
Partendo naturalmente da una idea forte, e dalla convinzione di ciò che si fa ha una profonda valenza per se stessi ancor prima che per gli altri. In questo senso, l'esordio degli Ultimo attuale corpo sonoro è un disco coraggioso, assolutamente incosciente nel voler affrontare quel connubio tra reading e rock che hanno frequentato pochi temerari, dai CCCP agli Offlaga Disco Pax passando per i Massimo Volume. E infatti chi è arrivato primo a cimentarsi con la formula emerge in queste canzoni, ci sono echi ferrettiani nei brani ma la vera differenza sta nella figura dell'autore degli scritti musicati dal gruppo, Gianmarco Mercati, il quale è di volta in volte voce narrante e cantante dalle doti notevoli, che emergono già in una “Ultima lettera al 1975” che nasce dagli ultimi fuochi della morte di Pasolini evocata al principio dell'album (le ossessive e disperate parole di “Empirismo eretico”, che ricuce il rapporto con l'atto d'accusa ultimo dell'intellettuale friulano), in uno strano abbraccio originato da un cantilenare ferrettiano, sconfinante in seguito nella solenne poesia acustica di Andrea Chimenti e sfociante infine in un canto che lambisce il timbro di Francesco Di Giacomo del Banco, riprendendo dal gruppo romano certe coloriture progressive. La bravura del vocalist è tale che le giunture non si vedono, neanche nei brani successivi, caratterizzati da competenti riletture letteraria. C'è ancora qualcosa da sistemare, un minimo di rodaggio per far fluire ulteriormente il tutto, ma la qualità letteraria e civile della parola scritta e cantata, un impianto strumentale eclettico e personale e il coraggio della proposta hanno già percorso una buona - se non decisiva - parte di strada. Alessandro Besselva Averame
Articolo su ilmucchio.it (data: 01.06.09)
BLOW UP - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Non fosse che il lavoro di Gianmarco Mercati sia stato travagliato negli anni, verrebbe da chiedere una moratoria all'(ab)uso di Pasolini nelle ultime produzioni italiane.
Qui convergono Hikmet e Rimbaud, ma soprattutto un substrato Constellation a reggere la chiave spoken word sul novecento congeniale a Manzanilla.
Un'opera di peso, in tutti i sensi (6/7) Enrico Veronese (data: 01.06.09)
INDIE ZONE - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Decadentismo musicale?
Dicesi dell'affresco sonoro reso da note multiformi e talora in acrobatiche e persuasive distorsioni melodiche, del raffronto creativo dell'arte delle note con la società e l'arte tutta, in bagliori ed echi letterari e teatrali e sonorità incandescenti e lisergiche.
Si, il progetto Ultimo Attuale Corpo Sonoro è questo e molto altro.
E palesa ogni ambizione conquistata nell'album recente "Memorie e Violenze di Sant'Isabella", un album diviso in tre parti, dal commento commemorativo di Pier Paolo Pasolini, ora recitato ora musicato in sbalzi post-rock dall'amplificato effetto esistenziale: Empirismo Eretico è una canzone affascinante e colpevole, che strazia l'anima epr realtà narrata ed effetto sonoro del possente eco "... io so ma non ho le prove".
Poi c'è la poetica solida di Ultima Lettera al 1975, che rimembra un passato eprduto e compianto, Le Ceneri Dell'Idroscalo che colpisce l'animo nel conturbante ed avvolgente circolo vizioso affascinante di post-rock battente e psichedelico.
Poi L'Esilio Del Canto, recitata e blues, nel racconto del secondo personaggio affrontato, Nazim Hikmet, delineato nelle successive I Fantasmi Del Bosforo, poetica e trasofnante, e Impossibile Dormire a Varna, Amore, che ben affornta e delinea la tematica amorosa ed emozionale tanto cara a Hikmet stesso.
Infine il maledeto Arthur Rimbaud, che esplode nella title-track, nell'eco di Jack Keurac in "Poesie Beat", e, in primis, dell'assolutismo profetico e artistico della genialità sensibile dell'artista, sacrilego e poetico.
Splendido esempio di come cultura e musica vadano all'unisono nell'emozionale richiamo al mito, alla storia, con la poesia, la consocenza, le note e la sperimentazione.
Tripudio sensoriale! Ilaria Rebecchi
Articolo su indie-zone.it
(data mancante) (data: 01.06.09)
ONDA ROCK - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Musica e poesia. In un atto decadente.
E’ una “nuova musica di denuncia” quella di Ultimo Attuale Corpo Sonoro, compagine veronese che con “Memorie di Sant’Isabella” intreccia post-rock e cantautorato impegnato, giungendo a risultati piuttosto altalenanti, anche se i momenti di puro lirismo non mancano.
Diviso in tre parti, il disco inizia commemorando la figura di Pier Paolo Pasolini, colto nell’atto finale della sua esistenza: la tragica morte sul litorale di Ostia. Il piano minimalista e gli accordi sparsi di “Empirismo eretico” rappresentano, probabilmente, il momento più emozionante del disco: “Io so, ma non ho le prove”, ripetuto fino allo stremo delle forze, diventa un mantra di disperazione che cerca di esorcizzare i tanti misteri italiani. “Ultima lettera al 1975” vola candida lungo crinali di memorie, risultando, comunque, meno incisiva, mentre “Le ceneri dell’Idroscalo” s’adagia nel solco di immagini che le parole restituiscono con un certo tremore, mentre la batteria sembra volerle incidere, una volta e per sempre, nella memoria collettiva.
Con “L’esilio del canto”, viene introdotta la figura del poeta turco Nazim Hikmet, condannato nel 1938 a ventotto anni di carcere per le sue attività antinaziste e antifranchiste. In questa seconda parte, la matrice cantautorale diventa più prominente, mentre brani come “I fantasmi del Bosforo” e “Impossibile dormire a Varna, amore”, si nutrono di dinamiche più ariose, anche se il gioco di chiaroscuri e i dislivelli emotivi non fanno altro che ripetere certi abusatissimi cliché del filone modern-classical.
La title track prende spunto, infine, dalla vicenda biografica di Arthur Rimbaud, così come la romanzò Jack Kerouac in “Poesie Beat”. “Il sistema di valori dell’evo moderno porta alla violenza. E se deve essere violenza, che la violenza per Rimbaud sia allora totalizzante, sia vilipendio, sia sacrilegio. La violenza di Rimbaud è silenzio poetico, è fuga, abbandono definitivo, coscienza che l’ora è giunta”. Peccato, però, che a tanta solenne premessa corrisponda il momento meno riuscito dell'opera, fin troppo adagiato, com’è, nel solco di una retorica pseudo-rivoluzionaria che finisce per infastidire anche un pochino.
Non un esordio esente da vizi di forma, quindi. Tuttavia, l'impressione è quella di una band che, con qualche accorgimento, potrebbe, di qui a qualche anno, dire qualcosa di interessante nell’ambito della paludosa scena post-rock italiana. Francesco Nunziata
Articolo su ondarock.it
(data: 27.05.09)
ONDA ALTERNATIVA - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
CSI, Jason Molina, Sigur Ròs e Godspeed You! Black Emperor: nonostante siano queste le principali influenze dichiarate dai componenti dell’Ultimo Attuale Corpo Sonoro, il primo nome che mi è balzato alla mente ascoltando per la prima volta il loro ultimo lavoro è quello di Emidio Clementi.
Forse più conosciuto come leader e voce dei Massimo Volume ma in questo contesto più vicino ai nostri per l’esperienza con El Muniria, la presenza (voluta o meno) del cantautore e compositore marchigiano si fa viva e intensa in “Empirismo etico” e “L’esilio del canto” dove con voce bassa e profonda si narrano episodi, storie di vita, di attivismo politico, di sventata negligenza, di umana concretezza.
Ormai attivi dal 2003 Marcello Marchiotto, Fabio Ridolfi, Giacomo Zorzan, Gianmarco Mercati hanno saputo ricreare le stesse atmosfere di “Nueva York: Strade e Sogni”, che avevano impressionato la giuria del M.E.I di Faenza ottenendo il premio per la proposta emergente più originale del 2004, arricchendole di idee, esperienza, sonorità e emozioni acquisite passo passo in questi anni. Uscito nella significativa data del 25 aprile per l’etichetta indipendente Manzanilla musica&dischi, "Memorie e violenza di Sant'Isabella" è un album ricco di riferimenti letterari, a partire dall’amore non precisamente dichiarato per Pasolini, a quello nei confronti di Rimbaud, per arrivare a prese di posizione sulle scelte e sugli avvenimenti politici che hanno animato il nostro paese negli ultimi cinquant’anni.
Il tutto condito egregiamente con sottofondi musicali e strutture immancabilmente rock, figlie del movimento alternativo e underground che vide qui in Italia il suo germogliare proprio negli anni in cui ferveva l’io rivoluzionario di un ormai definitivamente disperso Ferretti. alessandra sandroni
Articolo su ondalternativa.it (data: 26.05.09)
ARENA - Ultimo Attuale Corpo Sonoro: "Memorie e Violenze di Sant'Isabella" (Apr 2009, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Per una volta lasciamo perdere gli emuli dei Motörhead, i fanatici dei Free e i «cloni» di Pink Floyd, Beatles e AC/DC. Per una volta scriviamo di un gruppo e di un disco rock che parlano la nostra - intesa come italiana - storia; che commemorano in maniera sorprendente la morte di Pasolini e che partono da questo snodo fondamentale del '900 per analizzare la realtà che ci circonda; una band e un'opera che non hanno paura, al pari di «Defixiones, will and testament» di Diamanda Galàs, di parlare, citando il poeta turco Hikmet, del genocidio armeno, tracciando parallelismi inquietanti sulle violenze e i soprusi fascisti, passati e presenti.
Parliamo del recente album degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro (UACS), intitolato «Memoria e violenze di Sant'Isabella» (etichetta Manzanilla Musica & Dischi) e presentato con un concerto rabbioso all'Emporio Malkovich. Si tratta di un cd antifascista e repubblicano (come lo intende la nostra Costituzione) nel senso più pregnante del termine, musica e parole scritte «in nome della scandalosa forza rivoluzionaria del passato»; tuttavia lontano sia dal modaiolo ribellismo no-global quanto dall'intellettualismo sterile della contemporanea borghesia «di sinistra».
I riferimenti alle vite dei poeti (oltre a Pasolini e Hikmet, c'è anche Rimbaud e Kerouac) non hanno bisogno di una cultura profonda per poter essere compresi. Nel cd degli UACS (Fabio Ridolfi, Marcello Marchiotto, Giacomo Zorzan e Gianmarco Mercati), infatti, non si fa sfoggio di nozionismo né si cerca di fare proseliti: la storia di queste esperienze artistiche e umane brucia adesso, qui e ora, come un fuoco acceso sul petto. Tra derive post-rock, ballate lente e dilatate, stratificazioni ambient-noise, schegge post-punk e new wave, parti urlate e parlate, ci si trova davanti a sette brani violenti che commuovo e sconvolgono le viscere. Uno dei migliori dischi non tanto del panorama veronese quanto della musica rock italiana contemporanea tutta.
Giulio Brusati (data: 20.05.09)
Alla gelateria di Lugagnano le voci si rincorrono un in viavai frenetico, madri di famiglia, anziani e nipotini al loro seguito, aggrappati teneramente alla loro mano e ancora incapaci di stabilire il gusto del sorbetto da ordinare, sembrano sgranare gli occhi forse capendo sovrannaturalmente l'argomento che ha scosso l'intera comunità. Matteo Sorio è tornato nell'organico degli Ultimo Attuale Corpo Sonoro. Il poliedrico musicista, dopo quello che i giovani chiamano "split" con la band, e rimasto su posizione irremovibili per anni, contendendosi il nome della band nel Foro competente, e animando una lunga serie di episodi che hanno alimentato la cosiddetta "Faida dell'Emporio", ha infine deciso di tornare sui suoi passi, per il bene dell'intero mondo musicale. Le ragioni della sua uscita dal gruppo sono non solo comprensibili, ma altamente condivisibili, per chiunque abbia conosciuto il quartetto: gli UACS giocano a calcio e leggono romanzi noir, e questa passione confligge con la dedizione assoluta alla hit parade. Intento in atti dimostrativi, più volte "Il Sorio" ha tentato di far le prove a bordo campo, munito di una tastiera elettronica tascabile, ricevendo per tutta risposta epiteti poco valorizzanti e pallonate che venivano sempre spacciate come involontarie. In sala prove, poi, staccava tutti i poster della Juve per sostituirli con le effigi dei grandi mostri sacri del rock: i Malmsteen, gli Electric Light Orchestra, i Rush, e una fotografia mossa di Phil Collins che strepita "sussudio" attraverso il gate reverb che tanto ha contraddistinto la sua timbrica vocale. Niente da fare: quei poster venivano stracciati o deturpati da scritti inneggianti all'Hellas Verona, alla birra e ad un altro polo di interesse irricevibile. Sul lungo termine l'amicizia ha dovuto cedere il passo alla necessità di formare una grande band, e a quel punto il Sorio ha raccolto tutti presso la piscina di Fabio, indicando un manichino vestito esattamente come lui, simbolicamente ancorato al fondo, dicendo "ecco come mi sento, ho toccato il fondo butei". Neanche quell'ultima volta c'è stato un briciolo di pietà, ammazzato di gavettoni e ancora con l'amaro del cloro in bocca ha lanciato per l'ultima volta il suo anatema "L'Hellas andrà e resterà in C", frase che poi si è rivelata profetica. Da quel momento in poi il Sorio ha creato dischi solisti di elettronica minimale, dotato com'è di un rifulgente talento polistrumentista che lo avvicina, per temperamento austero e profondità del suo vivere musicista, ad un altro grande mito della musica moderna: Roger Waters. Delle sue registrazioni, tuttavia, non si hanno notizie ben chiare, sembra che le componga e le scomponga in remissaggi continui e insoddisfatti, arrivando ad inscenare riti funebri per hard disk sacrificati al cielo nei pressi del sito astronomico di Monte Comun.
Ma ora il Sorio è tornato, e non farà prigionieri. I primi malumori già serpeggiano nella band. Anzitutto basta radioline sintonizzate sulla partita durante le prove. Il batterista aveva spacciato di utilizzare quelle cuffie per suonare più a tempo tramite un metronomo di recente acquisto, tradendosi però al distacco del minijack, per l'esultanza di un gol ininfluente, e rivelando a tutti la vera funzione di quell'ordigno proprio su un toccante finale di un brano dedicato al disastro di Ustica. I chitarristi dal canto loro hanno dovuto mettere nel sottoscala la playstation con il pro evolution soccer, sostituendola con un juke box di 45 giri in vinile selezionati dal Sorio al fine di espandere i loro orizzonti di gusto musicale. "Basta birra in sala prove" ha poi preteso nelle clausole del contratto per il ritorno "al massimo mille cicche, perché quelle le voglio fumare anch'io, e io sono io, mentre voi non siete un (puntini puntini)". A capo chino l'intera band ha dovuto accettare questa opprimente gabella.
"È veramente un bravo ragazzo, gentile coi bambini, sempre discreto, mai un alterco" ci confida la commessa della gelateria mentre tenta di evadere l'inintellegibile ordinazione di un anziano. "Tutti speravamo che il Sorio tornasse negli Ultimo Attuale Corpo Sonoro, se non altro perché controbilanciasse un temperamento come quello del Mercati, mettendo tutti in riga", esclama infine consegnando un discutibile cono limone e cioccolato.
"Ho sentito dire che le loro canzoni parlano del Dopoguerra" replica guardandosi attorno un veterano dell'ANPI "sono cose che le nostre amministrazioni locali dovrebbero supportare, Sorio dovrebbe ricevere una corona d'alloro e un gagliardetto della nostra sezione, lo aiuterebbe anche nei rapporti interpersonali con gli altri rocker", aggiunge poi affondando una bocconata al gelato, in cerca di refrigerio.
Alla nostra redazione le lettere che hanno per tema questa faccenda non si contano più. C'è chi minaccia di fare una cover band di sosia degli UACS se anche stavolta non verranno creati capolavori. Fan impazzite tengono per Gianmarco perché è bellissimo, e disdegnano Sorio con basse insinuazioni tramite ortografia da T9. Un musicoterapeuta chiede ancora da anni che non venga usato solo il pickup al manico dai chitarristi, ma che si cerchi una ripartizione delle frequenze più sensata. È persino arrivata una lettera a sfondo religioso con una richiesta di andare a prelevare un milione di dollari in Uganda per problemi bancari dell'intestatario del conto, ma forse in questo caso si tratta di una burla, come tante ne arrivano alla nostra casella.
Una cosa è certa, documenti fotografici testimoniano il ritorno di Sorio Matteo sui palchi accanto agli antichi rivali, e la community non può che dedicare una standing ovation a questo piccolo grande fatto di cronaca. Son finiti i tempi cupi, l'Hellas resta in C, ma gli Ultimo Attuale Corpo Sonoro torneranno a vincere la coppa delle coppe grazie alla loro musica attualissima. AVL (data: 12.07.10)
Il batterista, si sa, è una razza a parte. Gravato da un oneroso lavoro di trasporto ad ogni data, è anche l'elemento della band costretto alla sottoesposizione. Non da vera passione sono animati quei batteristi capelloni che si scompongono colpendo alternativamente china e crash nei finali di canzone, ma da una disperata voglia di esserci. Trincerati come sono dietro alla barriera fisica (ma anche psicologica) costituita dai costosissimi fusti, trascorrono la loro esistenza in un mondo tutto loro. Nel quale non è sempre bene entrare.
Succede così che, durante la scorsa edizione di Gatta ci Cover, festival di beneficenza orchestrato da associazioni no-profit e a favore dei bambini in Brasile, ci scappi quasi la rissa: guardacaso tra due suonatori di batteria.
Non facciamo nomi, se non di band: è ormai aperta rivalità tra Canadians e Ultimo Attuale Corpo Sonoro, soprattutto dopo la simpatica reinterpretazione di "Summer Teenage Girl" messa in opera da quest'ultimi. Fiorio sul palco rideva, ma si vocifera che disceso nei camerini abbia fatto fuoco e fiamme, distruggendo la prima cosa a portata di mano: gli inquirenti credono questa sia la reale causa della scomparsa del supporto per tastiera della Nicola Sartori Band.
Quanti bambini si sarebbero potuti sfamare con quel prezioso complemento d'arredo? E tutto per una lite tra i soliti batteristi, personaggi spesso chiusi nel loro mondo e pronti a passare alle vie di fatto se qualcosa viene a interferire con i loro materiali.
Ci permettiamo quindi di darvi il nostro consiglio: tenete sempre d'occhio il vostro batterista e proteggete la sua attrezzatura a costo della vostra stessa vita. Il Brasile vi ringrazierà. (data: 28.11.09)
È tutto vero: le indiscrezioni raccolte in questi giorni nei pressi della gelateria di Lugagnano non erano infondate. Ci sarà un duello, come nell'Ottocento, e proprio come in quell'epoca ormai divenuta sinonimo di morale bacchettona e romanzi pomposi, quando si tocca il piano dell'orgoglio non si scherza. Il più famoso gruppo locale, Ultimo Attuale Corpo Sonoro, era stato additato nei giorni precedenti come pretestuoso da un noto recensore della stampa musicale italiana. Oggigiorno qualcuno interpreterebbe anche la critica come un'evoluta forma di tributo, ma non gli UACS. Gianmarco Mercati, andato su tutte le furie, si è attaccato al telefono per protestare con tutte le testate nazionali, e non avendo raccolto alcun consenso, ha determinato l'unica soluzione possibile: un duello all'arma bianca con il vituperato recensore. Le casalinghe in fila al panificio confermano: il medico di base di Lugagnano ha sfoderato il suo vecchio cilindro e si appresta a fare da supervisore, e palesa la sua neutralità per non far sospettare alcun favoritismo nei confronti del compaesano. Ridolfi Fabio, dal canto suo, contesta la scelta del suo stesso frontman: "Non è possibile sbandierare ideali di convivenza civile e di pace per poi regredire a queste forme di giustizia privata. Presto mi dedicherò a un progetto di percussionismo eco-solidale, sono anni che mi interesso alla world-music ma il rispetto per il progetto UACS mi ha sempre obbligato a comprimere le mie ambizioni. Ora però la misura è colma". Il Sindaco di Lugagnano, dal canto suo, vede di buon occhio il ristabilirsi di antiche tradizioni territoriali. Secondo alcune indiscrezioni, l'entusiasmo serpeggia negli ambienti municipali, la Croce Verde è stata già allertata per offrire soccorso ad eventuali spettatori che sveniranno alla visione del sangue. Un capannello Heineken verrà allestito, accanto al gazebo di bonghismo solidale sorretto dal Ridolfi, impegnato a raccogliere offerte per inviare drum machine ai bambini del Kazakisthan. (data: 27.11.09)