Guglielmo cappiotti, cantante e chitarrista, dal 2001 è attivo nella scena live del Veneto –soprattutto nella piazza di Verona - e del Trentino. Cantautore folk-rock, ricerca una composizione che spazia tra il jazz e il latin, non dimenticando le lezioni del più celebre folk americano.
Nel live ha sempre proposto un set acustico e decisamente minimale: chitarra acustica e voce; tanto basta per un’interpretazione comunque dinamica e assolutamente incisiva.
Dall’agosto 2009 ha dato il via alla registrazione e progettazione del suo primo disco di imminente uscita, sotto la produzione artistica di Andrea Viti (già bassista degli Afterhours e membro dei karma e Juan Mordecai), e con una band tutta nuova a supportarlo: Nicola Monti al contrabbasso e basso; Simone Marchioretti alla batteria e percussioni; Giovanni Ferro alla chitarra semiacustica.
2004: apre il concerto di Marco Parente
2008: apre concerto dei Perturbazione
2008: vince la XI edizione del concorso Paolo Pavanello di Trento
2009: apre il concerto di Alessandro Grazian
LA FINE DEL MONDO, IL DISCO
Così titola l’ultimo brano del disco: “La fine del mondo”; una ballata folk, intima e davvero ironica, per sole voce e chitarra. Un manifesto di come Cappiotti intenda e abbia sempre inteso la questione musicale, tanto nella composizione quanto nel live: semplice, diretta, fluida.
Nel complesso troviamo 10 brani che compongono un album decisamente vario, dove l’unità di suono e di stile non pregiudica la varietà della composizione e dei generi toccati: tributo al jazz in “Bacio Nucleare”; malinconica ballata blues in “Gelidi Respiri”; ritmiche latin in “Scende la Neve”, “Liberami”, “Giorno di Festa”, “Cieli della Storia”; una vena soul in “Fiori di Gin” e “Il Volo”; un rock cupo e aggressivo in “Come il Sale”.
La voce non prevarica gli altri strumenti (come spesso, quasi sempre, accade nei lavori cantautorali), ma è a servizio degli arrangiamenti e della melodia. In questo modo i testi si fanno scoprire poco a poco, evitando l’effetto slogan, e ci rendono un’atmosfera disillusa, quasi lacrimevole, eppure con una certa leggerezza e serenità.
CREDITS
Registrato da Luca Tacconi presso Sottoilmare studio di Povegliano (VR).
Mixato da Andrea Viti e Luca Tacconi presso Sottoilmare studio
Masterizzato da Carl Saff presso il Carl Saff studio di Chicago
Produzione artistica: andra viti e guglielmo cappiotti
Grafica di Alberto Corradi
Fotografia di Mauro Romanzi
Guglielmo Cappiotti - "La fine del mondo" (2010, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
MESCALINA
ROCKERILLA
L'ISOLA CHE NON C'ERA
RARO
LOSTHIGHWAYS
ROCKIT
AUDIODROME
FUORI DAL MUCCHIO
ONDALTERNATIVA
EXTRA!
Recensione Arena
(data: 01.01.38)
MESCALINA - Guglielmo Cappiotti: "
La fine del mondo" (2010, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Si intitola La fine del mondo l’album di esordio di Guglielmo Cappiotti, pubblicato dall’etichetta Manzanilla Musica Dischi. La fine del mondo, in sintonia con tutto ciò che convenzionalmente definiamo “canzone d’autore”, rientra in quello stile particolarmente ricercato; è un album molto sofisticato nelle melodie, anche quando le parole possono risultare più dure. Così quel sound che riporta al jazz rende vivi e dinamici sia i momenti malinconici che quelli decisamente sarcastici. Dieci tracce vissute, una biografia cantata e una ricercatezza grazie alla quale tre elementi si fondono il cantautorato italiano, il jazz e la voglia di comunicare.
L’album si apre con Bacio Nucleare; sembra quasi una dichiarazione di poetica. Uno swing perfetto per raccontare le eccessività della vita, ma anche le speranze che portano dietro sempre quel pizzico di cinismo, tutto raccontato come se fosse una favola anni ’20. Ed è proprio lo swing che rende i toni un po’ fuori dal presente, in una dimensione passata, elegante ma lontana. Un’evasione che a volte rincorriamo un po’ tutti, soprattutto quando cerchiamo qualcosa o qualcuno senza mai trovare nulla. Scende la neve è una canzone molto triste che però si fa apprezzare per quello che è – perché è sempre meglio essere consapevoli! La fine del mondo è un’autobiografia cantata, che ognuno potrebbe far propria; è una consolazione nei pomeriggi piovosi; è un album da compagnia, da salotto. L’eleganza dei suoni e dei toni tranquillizza i nervi, che spesso saltano per ragioni ovvie.
Liberami è un grido, cantato a bassa voce; è uno sfogo, una liberazione, una semplice richiesta: “vuoi liberarmi almeno da te?”. Fiori di gin è la traccia più onirica e più forte dell’album, psicopatica – oserei dire – ma terribilmente affascinante: un colpo sul petto, un bacio dentro gli occhi e parole che a volte tradiscono e a volte difendono. Cieli della storia è tanto triste quanto concreta, come una canzone cubana. L’album si chiude con una traccia che si chiama, per l’appunto, La fine del mondo; come dettano le regole del cantautorato italiano, la chitarra occupa la scena e la voce affaticata canticchia la canzone. Infine il sipario si chiude e se Cappiotti ha descritto in questo modo, tanto affascinante, la fine del mondo allora non possiamo che augurarci che sia tale, se mai dovesse arrivare!
Forse sì, La fine del mondo, è un album che porta in salotti d’altri tempi, per le sonorità, ma a chi non serve almeno un’evasione mentale ogni tanto? Ascoltate La fine del mondo, è anche questa la nuova musica italiana. Hanno suonato: Guglielmo Cappiotti, chitarra acustica e voce; Simone Marchioretti, batteria e percussioni; Nicola Monti, contrabasso e basso acustico; Giovanni Ferro, chitarra semiacustica; Moreno Piccoli, piano, rhodes e tastiere; Andrea Viti, percussioni e grammofono; Giordano Sartoretti, flicorno; Corrado Mora e Luca Tacconi, cori.
Enza Ferrara (data: 21.03.11)
AUDIODROME - Guglielmo Cappiotti: "
La fine del mondo" (2010, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
È un disco ambizioso quello di Cappiotti, autore, chitarrista e cantante veneto, qui al debutto discografico sotto la guida dell’ex bassista degli Afterhours, Andrea Viti. Sia chiaro, però, di Afterhours La Fine Del Mondo non ha nulla, dato che lo si può ascrivere a quel tipo di cantautorato colto ma sagace ed emotivo che ha come esponenti principali grandi come Paolo Conte e Vinicio Capossela. Dieci brani di articolazione jazzy al servizio di raffinati contrasti acustico/elettrici utilizzati per scandagliare le profondità di sinuose bosse, amari nubi di fumo da night club anni ‘50 e una predisposizione al bilanciamento di ogni singola parte. Disco di pregio, insomma, benché proprio l’eccesivo bilanciamento e un’aderenza ai modelli citati un po’ troppo calligrafica non permettano al tutto di spiccare davvero il volo e all’anima di Guglielmo di librarsi senza catene autoimposte, per quanto inconsciamente.
Giampaolo Cristofaro (data: 16.12.10)
RARO - Guglielmo Cappiotti: "
La fine del mondo" (2010, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Voce originale ed atmosfere che spaziano tra canzone d'autore, jazz, folk ed un pizzico di musica brasiliana.
Sono questi gli ingredienti che costituiscono La fine del mondo, primo album solista di Guglielmo Cappiotti, autore, cantante e chitarrista attivo sulle scene da una decina d'anni con performance per lo più acustiche soprattutto nel Veneto e nel Trentino. L'album, registrato con una vera e propria band, si distingue come un lavoro ambizioso: dieci brani in cui Cappiotti gioca magistralmente con voce e strumenti, sia quando affronta ballate, sia quando la sua voce si presta a forme musicali più ritmate.
Apre il disco Bacio nucleare, una pregevole bossa, per poi passare a Gelidi respiri, dove l'atmosfera si fa più malinconica; teatrale è invece Giorno di festa, probabilmente la più intima del disco mentre Liberami è la più jazzy. Non da meno è Fiori di gin, grazie anche ad un toccante testo ("sparami qui nel petto e capirai subito che tutto ha un prezzo e che le mani, dopo, non si lavano più") Come il sale è tra i brani più incisivi, mentre il Volo ha un netto sapore soul. Chiude l'album il pezzo eponimo, la fine del mondo. Prodotto da Andrea Viti, già bassista degli Afterhours, il riuscito lavoro vanta il contributo dei validissimi Nicola Monti al basso e contrabbasso, Simone Marchioretti alla batteria e percussioni e Giovanni Ferro alla chitarra semiacustica.
Un nuovo felice tassello si è aggiunto nel campo della canzone d'autore.
Massimiliano Canè (data: 13.12.10)
L'ISOLA CHE NON C'ERA - Guglielmo Cappiotti: "
La fine del mondo" (2010, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Ci sono dischi che da subito ti catturano e ti portano in un mondo che appartiene loro di diritto. Questi dischi solitamente non paiono mai un prodotto, ma piuttosto un compendio naturale di cose ben fatte, un manufatto quasi, di quelli che se solo di altro materiale riconosceresti da subito un odore di cose fatte in casa.
Il debutto di Guglielmo Cappiotti ha di pregevole esattamente questo, la fattura, la qualità. La fine del mondo non è altro che un biglietto d’ingresso in uno spaccato di vita articolato, definito, affatto arrogante. Vuoi conoscermi? Prego accomodati, sembra sussurrarci Cappiotti in ognuna delle dieci tracce che compongono il disco. Ma se poi non è quello che ti aspetti, pazienza, saprò andare avanti ugualmente per la mia strada. Prodotto da Andrea Viti, già bassista degli Afterhours e membro di Karma e Juan Mordecai, il debutto di Cappiotti arriva dopo una decina di anni di gavetta spesi a suonare certo, ma soprattutto a tracciare le linee di una stanza ordinata seppure ricolma di oggetti, di visioni, suoni ricercati e un po’ retrò. Una bottega nella quale è bello intrattenersi a chiacchierare col giovane artigiano di Verona che di storie e certezze sembra averne collezionate in quantità.
La voce chiara, alta e pulita giunge probabilmente inaspettata. A incorniciare liriche come Scende la neve o Fiori di gin ci si aspetterebbe tonalità più basse, sporcate da eccessi e stravizi. L’attitudine del nostro artigiano è invece garbata e comunque incisiva grazie anche all’apporto dei raffinati musicisti che lo accompagnano: Nicola Monti a contrabbasso e basso; Simone Marchioretti, batteria e percussioni; Giovanni Ferro alla chitarra semiacustica.
Un disco d’altri tempi, curato nei suoni e nell’artwork, un prodotto italiano germogliato con grazia e cura e servito sul piatto di Manzanilla Musica Dischi con contorno di Amanita Booking, agenzia di cui sentiremo parlare presto e bene.
Laura Gramuglia (data: 09.12.10)
ROCKERILLA - Guglielmo Cappiotti: "
La fine del mondo" (2010, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
E' abbastanza facile intravedere il profilo di Sergio Caputo dietro le forbite maniere autorali di Guglielmo Cappiotti: non esattamente "La fine del mondo" come si proclama nel titolo del suo esordio, ma certamente qualcosa che depone a favore di un cantautore che non va a sfrucugliare idee e suoni nel baule più saccheggiato in questi tempi di indie-pendenza.
Ad ispirarlo, infatti, sono piuttosto le atmosfere sofisticate della bossanova e di un blue eyed soul che fa monlto volentieri a meno di fiati e orchestrazioni suntuose.
Dieci canzoni, le sue, suonate in punta di dita e intonate badando soprattutto a non andare mai sopra le righe.
Quel che si può definire un cantautore da salotto buono, insomma.
Elio Bussolino (data: 18.11.10)
LOSTHIGHWAYS - Guglielmo Cappiotti: "
La fine del mondo" (2010, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Giovani e bravi: la scena veronese continua a mettere in mostra nuovi talenti. Guglielmo Cappiotti rientra a pieno titolo in questa folta e variopinta compagine di artisti all’esordio discografico che quel territorio continua ad offrire. Con La fine del mondo il giovane Guglielmo Cappiotti si propone con un disco di elegante cantautorato venato di tinte vintage.
La grafica dell’album, non concede spazio ad altre interpretazioni: La fine del mondo è un disco d’altri tempi come la miriade di oggetti recuperati da chissà quale magnifico baule in un polveroso scantinato. Cura dei suoni, delle parole, della musicalità delle singole sillabe ed una voce capace, educata. Un cantautore “vecchio stampo”, se si può dire (e se qualcosa davvero significa): il giovane artista veronese non ha bisogno di innovazioni per esternare la sua raffinata poetica. E così, per ognuno dei suoi brani, Guglielmo si serve della sensualità delle sonorità bossa, della estemporaneità jazzistica, dell’equilibrio della forma canzone, del sapiente spostamento della voce dal primo al secondo piano.
La fine del mondo non suona come un esordio, dimostrando una concretezza inusuale ed invidiabile; suona forse addirittura “troppo sicuro”, perchè privo di sbavature (la produzione artistica di Andrea Viti forse spiega alcuni perchè). La ricerca musicale, pur mantenendosi all’interno di un contesto non innovativo, mai appare ripetitiva e noiosa, bensì si svela ben salda ad una altrettanto minuziosa cura lessicale nei testi.
Guglielmo Cappiotti canta d’amore e di sofferenza, e lo fa in ogni brano. Il dualismo io/lei è quasi sempre presente e forte, declinato in ogni sua sfumatura ed osservata da occhi ispirati di poesia: “Chè per lavare dal pianto il sangue / non c’è luna piena che tenga / non basta sdraiarsi a guardare le stelle / almeno non per me”, Liberami. Ci sono i profumi dei ricordi (“E’ l’odore di fumo che / al meglio descrive / questi giorni passati nell’ombra” - Giorno di festa), c’è la durezza (“Cominci ad invecchiare che è mattino / quando il caffè è un abitudine” - Come il sale), c’è la passione (“Spezzami il respiro / con un bacio nucleare / e dimmi che non finirà / se non domani” - Bacio nucleare). Ed infine c’è un artista nuovo, che ci canta di sè tra il fumo di sigarette e le luci soffuse di un piccolo vecchio club.
Emanuele Gessa (data: 18.11.10)
ONDALTERNATIVA - Guglielmo Cappiotti: "
La fine del mondo" (2010, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Si può fare il cantautore con la chitarra acustica, il bicchiere di whiskey e la sigaretta tra le labbra nell'era di Lady Gaga e dei campionatori? Guglielmo Cappiotti ci prova a dare una risposta, sicuramente non definitiva ma è comunque un punto di vista interessante.
Parliamo di un giovane cantautore veronese, attivo ormai da dieci anni in concerti dal vivo, che gli sono valsi tra l'altro premi importanti, ma al disco d'esordio da solista. "La fine del mondo" è un disco misurato, discreto, che ci trasporta in locali densi di fumo, dove s'intravede a malapena chi sta sul palco, dove si ascolta una chitarra acustica ed un contrabbasso accompagnare una voce roca e romantica al tempo stesso. Atmosfere sicuramente blues e jazz, ma anche a base di folk sobrio ed incantevole al quale Guglielmo s'avvicina in certi frammenti di musica, rendono l'insieme ben strutturato. Si sentono influenze di cantautori nostrani, da Paolo Conte a Marco Parente passando per Sergio Caputo, ma anche di cantautori brasiliani e il riferimento va proprio al grande Veloso; non possono mancare richiami rochi al mitico Tom Waits e ad un po' di pop di qualità anni '70/80. La cosa che conta di più è che, in questo mare di influenze, Guglielmo riesce a costruirsi uno spazio tutto suo e a fine cd non si può che ricondurlo a se stesso.
L'intensità ben dosata, il sollevare o il variare improvvisamente lo stile quando sembra cadere nel già sentito, i testi testi eleganti, non banali e in fondo semplici, rendono il tutto particolare. Certo bisogna saper gustare lo stile da locale fumoso già citato prima di "Bacio nucleare" o la nostalgia a base di alcool e sigarette di "Scende la neve" o la più moderna (ci si sente anche un po' di Battisti) "Il volo" o ancora la latina "Giorni di festa" oppure la leggerezza di "Fiori di gin" o infine la disperata "Come il sale". Se ci si vuole lasciar ammaliare da questo clima, "La fine del mondo" può essere davvero l'album giusto per riscoprire la passione del vinile.
L'analogico (anche nel senso d'analogia) c'è, la voce c'è, manca solo il pubblico: perciò vediamo di riscoprire qualcosa di buono che il passato ha troppo presto messo da parte.
Syd the Piper (data: 25.10.10)
EXTRA! Music Magazine - Guglielmo Cappiotti: "
La fine del mondo" (2010, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
”La Fine Del Mondo” per Guglielmo Cappiotti arriva sulle note di ”Bacio Nucleare”, swing/blues incastonato in un’ottima linea di contrabbasso molto soffice. L’opener si stempera nella seconda traccia, in una ballata delicata fatta di baci e ”Gelidi Sospiri”.
Quello che colpisce è l’equilibrio sobrio delle parti. Il cantato s’insinua nelle vostre orecchie senza far pressione o leva, scivolando indisturbato fra le vostre difese. Le chitarre accarezzano l’anima addolcendo i brani con accordi ricchi di armoniche, a volte dissonanti, ma pregne di un colore invidiabile.
Cappiotti racconta aneddoti di vita quotidiana, abbellendoli attraverso la cura dei testi. Il suo modo di cantare, pregno di pathos, rende questi brani tristi e malinconici. Altrettanto buono, al di la della mera tecnica, risulta il songwriting (”Giorni di Festa”). L’unica take in cui Cappiotti abbandona la sua pacatezza è ”Come Il Sale”, la voce s’increspa e urla il suo dolore ricordandomi, per un momento, Emidio Clementi e la sua disperazione. L’artwork, molto curato, per fortuna contiene tutti i testi, andando contro un’abitudine ormai persa da molti artisti, il che impreziosisce ulteriormente l’opera di Gugliemo.
Giuseppe Celano (data: 05.10.10)
ROCKIT - Guglielmo Cappiotti: "
La fine del mondo" (2010, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Guglielmo Cappiotti ha la stoffa del cantautore. Una discreta capacità tecnica, buoni mezzi vocali, una scorrevole dote autorale. Le dieci tracce che compongono il suo esordio sulla lunga distanza "La fine del mondo", condensano il songwriting italiano con una notevole sensibilità di stampo jazzistico. A questo va di certo aggiunto uno stile consolidato di costruzione delle liriche, sempre in bilico tra passioni, mestizie di memorie passate, spiriti eleganti e forbiti, piece piano-voce di melanconia struggente e ampie aperture melodiche. Ironico, ruvido, dalla schiettezza emotiva anti-magniloquente, il giovane autore veronese arriva in punta di piedi al suo debutto, cimentandosi in un terreno in cui la fa da padrone la commistione di musica e teatro, una tradizione che ha saputo nei decenni passati combinare la figura del cantautore a quella del compositore in modo certamente non ordinario (da Paolo Conte a Marco Parente). In questo suo primo periodo creativo, suona musica di altri tempi, il che non è sempre e necessariamente un elemento di disturbo, ma nel caso di un cantautore esordiente dotato e promettente, si traduce nell'ascolto consolatorio di uno standard musicale fatto di caffè sorseggiati e fumo di sigarette, quasi terapeutici nel loro scopo di estraniazione dal contesto di vita quotidiana. C'è bisogno di fuoco, umore generazionale, un bel salto nel vuoto, sicuri che nel caso di Cappiotti ci sia un paracadute resistente che lo porti a terra senza farlo schiantare. Per ora la sensazione di fondo rimane quella del compito ben fatto, del primo della classe che arriva dritto all'obiettivo, percorrendo una strada ordinaria e dimenticando però quanto ci sia bisogno di visionarietà, estro, e rischio per fare cose memorabili e lasciarsi così ricordare.
Ester Apa (data: 15.09.10)
FUORI DAL MUCCHIO - Guglielmo Cappiotti: "
La fine del mondo" (Ott 2010, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
Guglielmo Cappiotti è un giovane cantautore veronese esordiente: due caratteristiche, la gioventù e il fatto di essere al debutto, che sono inversamente proporzionali alla chiarezza di idee che il Nostro sembra avere a proposito di ciò che vorrebbe fare, come si suol dire, da grande. Ovvero quel genere di cantautorato che si fa spazio tra gli scaffali lambendo ironia, autobiografismo, sofisticazione, limpidi geni pop e una certa aura “d'altri tempi”, o, se volete, utilizzando un termine più moderno, “vintage”: un po' alla Sergio Caputo, se non fosse che il paragone va preso con le molle, giusto per dare l'idea del genere di sensibilità e di approccio ai motivi orecchiabili, anche perché il cantautore veronese è in possesso della caratteristica più importante per limitare al minimo indispensabile i paragoni, una originalità garbata e umile ma piuttosto marcata (da mettere ancora a fuoco di tanto in tanto, come è giusto che sia). Se c'è ancora qualche incertezza vocale in “La fine del Mondo” (prodotto dall'ex Afterhours Andrea Viti), e se non tutti i testi colpiscono allo stesso modo, l'eleganza è impeccabile, la verve percepibile, la scrittura coinvolgente e vivace, con batterie spazzolate e chitarre jazz (impeccabile quella di “Bacio nucleare”) che coccolano la nostalgia senza rimanerne schiavi. I brani che ci hanno colpiti di più? La torch song dal bell'incedere gospel “Gelidi respiri”, la vagamente battistiana (ma con gusto, e misura) “Il volo”, il blues acustico, un po' malinconico e stropicciato, “La fine del mondo”. Davvero bravo.
Alessandro Besselva Averame (data: 13.09.10)
ARENA - Guglielmo Cappiotti: "
La fine del mondo" (Ott 2010, Manzanilla MusicaDischi/Audioglobe)
«La fine del mondo» secondo Cappiotti
MADE IN VERONA. Nell'album d'esordio del cantautore, che sarà pubblicato a settembre, dieci canzoni scritte da lui. In alcuni pezzi il riferimento musicale è il primo Tom Waits ma non mancano analogie con Marco Parente
Verona. C'è attesa per il disco d'esordio di Guglielmo Cappiotti, il cantautore veronese che, attivo dal 2001, ha vinto nel 2008 la XI edizione del concorso "Paolo Pavanello" di Trento, facendo da apripista, nelle scorse stagioni, ai concerti di Marco Parente, Perturbazione e Alessandro Grazian.
Il suo primo album - e mai titolo fu più scaramantico per un primo cd - è La fine del mondo, e sarà pubblicato a settembre dall'etichetta veronese Manzanilla e distribuito in tutta Italia dal marchio Audioglobe di Firenze. Le 10 canzoni del disco sono state scritte tutte da Guglielmo, parole e musiche. La produzione artistica è stata affidata ad Andrea Viti, già bassista degli Afterhours e componente dei Karma e degli Juan Mordecai.
A registrare i brani, una band completamente rinnovata che potrebbe essere a fianco del cantautore anche nella prossima serie di esibizioni dal vivo (si parla di un concerto al teatro Nuovo, a ottobre): Nicola Monti (contrabbasso e basso elettrico), Simone Marchioretti (batteria e percussioni), Giovanni Ferro (chitarra semiacustica), Moreno Piccoli (tastiere, piano e Rhodes).
Il disco si apre con Bacio nucleare, da tempo disponibile sul sito MySpace di Guglielmo. L'atmosfera è subito delineata: siamo dalle parti dei "falchi notturni" di un disco di Tom Waits, con un contrabbasso e una chitarra deliziosa che raccontano una storia di alcool e amori finiti. Anche per Gelidi respiri e Liberami, il riferimento musicale è il primo Waits e certe cose brasiliane/californiane (nelle parti di chitarra), mentre la voce di Cappiotti e il suo modo originale di cantare trovano qualche riferimento nel Marco Parente più ipnotico o in qualcosa del primo Alan Sorrenti.
Per il resto, il canto del giovane veronese è originale e avvicinabile nell'intento alla sacra triade di vocalist rock anni '90: Thom Yorke dei Radiohead, Jeff Buckley e Richard Ashcroft dei Verve. Scende la neve potrebbe stare in qualche disco di jazz contemporaneo italiano o di Ivano Fossati, mentre Il volo è pop inglese d'alta classe, epoca metà anni '80, stile Working Week/Simply Red, con una percentuale di black music davvero inaspettata. Il tramite fra la prima parte del disco e questa centrale potrebbe essere proprio Fossati, evocato nel brano Giorno di festa dai sapori messicani, almeno fino all'esplosione finale.
Giulio Brusati (data: 31.08.10)
Venerdì 5 Settembre scorso presso i giardini Santa Chiara di Trento, si è tenuta la serata Finale della XXIa Edizione del Premio Paolo Pavanello - Giovani Cantautori Italiani - di Trento.
Di fronte ad un pubblico numeroso e partecipe, la Giuria formata da musicisti e operatori della Musica e dello Spettacolo, tra i quali spicca Enrico De Angelis del Club Tenco, ha assegnato la Targa Paolo Pavanello 2008 - Giovani Cantautori Italiani - al veronese GUGLIELMO CAPPIOTTI. Il musicista veneto, accompagnato da un'ottima sezione ritmica, ha evidenziato una notevole personalità artistica sia sul piano compositivo sia per l'efficacia dell'uso dei testi e per questo è stato riconosciuto all'unanimità degno vincitore della XXIa Edizione. La Targa alla Migliore esecuzione dal vivo, è stata invece attribuita all'Artista tarantino GIOVANNI SILENO accompagnato dal suo gruppo i LEITMOTIV.
La sua performance è apparsa la più sicura ed intensa dell'intera serata in cui si sono esibiti gli 8 musicisti finalisti.
La XXIa Edizione del Premio Pavanello si è chiusa, come da tradizione, con il live di un ospite del mondo della Musica d'Autore italiana; quest'anno è stata la volta dell'eclettico Attore ALESSANDRO BENVENUTI & LA BANDA IMPROVVISA formata da ben 27 elementi. L'Attore-musicista toscano, ha attraversato con personalità una grande fetta di storia della Musica d'Autore italiana con arrangiamenti originali ed interpretazioni intense di brani di De Andrè, Rino Gaetano, Francesco Guccini e molti altri, alternando grandi saliscendi bandistici a performance di notevole emotività.
L'intera manifestazione è stata registrata dalla Lilium produzioni con uno studio mobile ed entro la fine di Ottobre diverrà un Album prodotto dalla Lilium produzioni stessa e dal Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento. Il CD Album, a promozione dell'Evento Musicale, sarà distribuito gratuitamente, e conterrà anche un brano dell'ospite d'eccezione: ALESSANDRO BENVENUTI & LA BANDA IMPROVVISA.
Il Direttore Artistico della Manifestazione, gianCarlo Onorato, apprezzato autore e musicista, si è detto soddisfatto della riuscita della prima Edizione fatta all'aperto della manifestazione e fiducioso di una continua crescita a livello Nazionale del premio stesso.
Negli ultimi cinque anni alcuni Artisti vincitori e finalisti del "Premio Paolo Pavanello" hanno avuto ottimi riconoscimenti. Tra i tanti: gli A67 di Napoli, Claudio Orlandi e PANE di Roma, Pier Adduce e i GUIGNOL di Milano, Enrico Cibelli e i Ratafiamm di Bologna, Elisa Amistadi Di Trento.
Questi gli Artisti ospiti delle cinque ultime Edizioni curate dalla Lilium produzioni: AVION TRAVEL, ALMAMEGRETTA,TETES DE BOIS, DAVIDE VAN DES SFROOS, ALESSANDRO BENVENUTI & LA BANDA IMPROVVISA.
Link ad articolo su sito Lilium Produzioni (data: 04.12.09)
A vederlo così non è neanche lontanamente passibile di sottovalutazione, un giovane determinato, acuto nell'osservazione, pregiato nella prestazione artistica, acerrimo nella speculazione filosofica. Gugliemo Cappiotti frequenta da tempo la canzone italiana apparendo negli specchietti di cantautori più blasonati, grazie a doti canore e compositive mostruose che lo spingeranno progressivamente in pole position. Ennesimo talento di Veronetta, quartiere del mondo prossimo al centro storico di Verona e vituperato slum multietnico agli occhi degli autoctoni, ha deciso di unire alla sua attività di musicista e filosofo un'altra nobile arte: l'orologeria.
La mano ferma ed educata ai più astrusi arpeggi di chitarra è ormai al servizio di una clientela selezionata di collezionisti. Guglielmo ci fa entrare nella sua bottega segreta ricavata nella cantina del Bar Malacarne, e mentre al piano superiore un pubblico ordinario si ottenebra con alcol e un cd dei Buena Vista Social Club, lui confeziona capolavori di precisione. Una pendola ci fa trasalire battendo le undici: "L'ho regolata affinché generi un accordo semidiminuito" accenna con orgoglio il Cappiotti, e dall'apertura a Cucù appare una statuina da presepio di Modugno con tanto di aureola. "Ognuno ha i suoi miti, io accanto a Jeff Buckley metto anche le corone di fiori sanremesi, e una ruota dentata da 0.5 millimetri".
Chiuso nel suo camice nero aderente, osserva con sufficienza un garzone venuto a prelevare un fusto di birra, chiedendo soltanto di essere lasciato ai suoi amati ingranaggi.
Versa una microscopica goccia di Svitol nel perno a smeraldo di un orologio a cipolla di un famoso notaio venuto fin da Cagliari per usufruire delle sue sbalorditive prestazioni, e illustra la teoria di Leibniz e il grande Orologiaio verso il quale devono necessariamente tendere le speranze dell'umanità. Poi bestemmia accoratamente allo scattare di una molla in oro zecchino, che termina irrimediabilmente tra ragnatele e polvere delle masserizie del Malacarne.
Non ha un Mississippi per gettarvisi dentro, Guglielmo, ma il suo sguardo fermo viene velato soltanto dalle cicche che fuma a ripetizione calcolando tempi e radianti utili alle sue riparazioni compiute con spirito assolutamente no profit.
"Il mio sogno? La chitarra ad orologeria, un ibrido tra gnomone, carillon e citaristica, un progetto al quale lavoro ormai da 77 settimane assieme ad Andrea Faccioli". E come negargli questa soddisfazione? Ci allontaniamo con timore reverenziale lasciando Guglielmo a dannarsi nell'antro, luogo di gioie sofisticatissime e meccanismi svizzeri, emergendo dal pertugio ci imbattiamo in un punk con uno skateboard sottobraccio, e ci chiediamo: dove finiranno i nostri giovani? (data: 04.12.09)